“Care signore,
questo non vuole essere un libro di biografie e neppure di fotografie.
Vorrebbe solo essere un piccolo attestato di riconoscimento, da parte della comunità in cui vivete, per quello che siete e per quello che siete state”
Così inizia il libro su 23 donne della Valcanale pubblicato nel 2007. Qui di seguito la presentazione:
Perché queste 23 donne fra le 2344 che popolano la Valcanale ? Perché proprio queste e non altre?
Iniziamo da come è nato questo libro.
L’idea stava maturando da alcuni anni e pian piano prendeva forma. Il progetto era nato in seguito al grande successo che alcune donne della nostra valle mietevano fuori da qui. Grandi donne come Gabriella Paruzzi e Nives Meroi, che con la loro forza ma soprattutto con la loro semplicità ed umiltà, portavano i colori della Valcanale in alto, su podi e su cime lontane.
Donne che sono state d’esempio soprattutto perché hanno mantenuto inalterato l’attaccamento alle loro radici e hanno fatto da portabandiera con un comportamento sempre coerente ed ammirevole, facendosi notare in particolare per la loro modestia.
Questa semplicità e questa umiltà sembrano un tratto caratteristico di molte altre, intorno a noi, persone semplici e riservate, che però celano un passato ed un presente molto diverso da quello che l’apparenza riserva. Un presente che in molti casi è risorsa per tutta la comunità e di cui pochi sono al corrente.
E’ un nostro dovere quello di evidenziare tutto questo, per poterle ringraziare, compensando in qualche modo il loro impegno.
questo non vuole essere un libro di biografie e neppure di fotografie.
Vorrebbe solo essere un piccolo attestato di riconoscimento, da parte della comunità in cui vivete, per quello che siete e per quello che siete state”
Così inizia il libro su 23 donne della Valcanale pubblicato nel 2007. Qui di seguito la presentazione:
Perché queste 23 donne fra le 2344 che popolano la Valcanale ? Perché proprio queste e non altre?
Iniziamo da come è nato questo libro.
L’idea stava maturando da alcuni anni e pian piano prendeva forma. Il progetto era nato in seguito al grande successo che alcune donne della nostra valle mietevano fuori da qui. Grandi donne come Gabriella Paruzzi e Nives Meroi, che con la loro forza ma soprattutto con la loro semplicità ed umiltà, portavano i colori della Valcanale in alto, su podi e su cime lontane.
Donne che sono state d’esempio soprattutto perché hanno mantenuto inalterato l’attaccamento alle loro radici e hanno fatto da portabandiera con un comportamento sempre coerente ed ammirevole, facendosi notare in particolare per la loro modestia.
Questa semplicità e questa umiltà sembrano un tratto caratteristico di molte altre, intorno a noi, persone semplici e riservate, che però celano un passato ed un presente molto diverso da quello che l’apparenza riserva. Un presente che in molti casi è risorsa per tutta la comunità e di cui pochi sono al corrente.
E’ un nostro dovere quello di evidenziare tutto questo, per poterle ringraziare, compensando in qualche modo il loro impegno.
.......
Molti sono gli esempi di donne che, in silenzio, fanno molto per la nostra comunità. Donne imprenditrici, che creano posti di lavoro, donne contadine, donne artiste, donne forti e decise, donne umili e determinate.
Quando ho sviluppato il progetto sono partita con qualche nome, qualche volto più noto. Pian piano si sono aggiunte figure che, come in una rete, si collegavano tra di loro. C’è da dire che ogni volta che interpellavo una delle protagoniste questa puntualmente diceva “perché proprio io?” e mi dava immediatamente un altro riferimento, un’altra donna che lei sentiva come maestra.
Quindi partendo da questi 23 volti, ne abbiamo sicuramente individuati altri 23, ugualmente rappresentativi, ugualmente importanti, che però qui non compaiono.
Con alcune di loro non avevo mai parlato prima, altre credevo di conoscerle bene, mentre invece non era così. E’ sempre stata una scoperta. Dapprima il colloquio era esitante… è difficile parlare di sé, in particolare se ti chiedono di “vantarti” di quello che sei, quando per scelta, non l’hai mai fatto. Poi pian piano l’esitazione lasciava spazio alla comunicazione senza apprensioni ed infine, sempre, all’ entusiasmo: tutte queste donne credono in quello che fanno e lo fanno con gioia.
Alcuni tratti caratteristici compaiono in tutte le figure, si ripetono in espressioni diverse.
Uno di questi è la famiglia, i nonni, i genitori…. appaiono come figure fondamentali, come punti d’appoggio indispensabili nella storia personale.
Un’altra variabile che compare sempre è la radice. Intesa come appartenenza, come “l’essere di un luogo”.
La storia della nostra valle, i grandi mutamenti antropologici e sociali che ha vissuto, appaiono in queste figure in tutta la loro complessità. Si ripetono in frasi scandite, o non dette, in sofferenze e delusioni, in scoperte ed infine nella certezza di una nuova appartenenza.
La nostra storia, spesso non detta né scritta, la ricostruzione di una struttura sociale smembrata che ha dovuto costruirsi una nuova identità, appare qui nella sua evoluzione, nel suo nuovo equilibrio.
E questo è quanto ho tratto da questa esperienza.
Ho imparato che la convivenza fra genti di culture e provenienze così eterogenee non poteva essere un “affare” tanto semplice. Ho capito che non è patologico il confronto, e anche lo scontro, ma che è stato una tappa necessaria per costruire questa nostra ”nuova realtà”, questa appartenenza comune, che fa di noi una comunità così diversa da tutte le altre.
Mi scuso con tutte le donne importanti che non siamo riusciti ad evidenziare, con quelle che non conosciamo e sono nascoste e con quelle che abbiamo già dimenticato anche se sono state importanti.
Mi scuso anche se , involontariamente, ho violato l’intimità delle donne che ho rappresentato, se ho forzato un po’ la loro volontà nel raccontarmi cose che forse volevano dimenticare.
Le ringrazio molto, non è facile parlare di sé.
Ringrazio infine anche il professor Ulderico Bernardi, è lui tanto tempo fa che mi ha fatto capire l’importanza delle radici.
Camporosso, 3 settembre 2007.
Quando ho sviluppato il progetto sono partita con qualche nome, qualche volto più noto. Pian piano si sono aggiunte figure che, come in una rete, si collegavano tra di loro. C’è da dire che ogni volta che interpellavo una delle protagoniste questa puntualmente diceva “perché proprio io?” e mi dava immediatamente un altro riferimento, un’altra donna che lei sentiva come maestra.
Quindi partendo da questi 23 volti, ne abbiamo sicuramente individuati altri 23, ugualmente rappresentativi, ugualmente importanti, che però qui non compaiono.
Con alcune di loro non avevo mai parlato prima, altre credevo di conoscerle bene, mentre invece non era così. E’ sempre stata una scoperta. Dapprima il colloquio era esitante… è difficile parlare di sé, in particolare se ti chiedono di “vantarti” di quello che sei, quando per scelta, non l’hai mai fatto. Poi pian piano l’esitazione lasciava spazio alla comunicazione senza apprensioni ed infine, sempre, all’ entusiasmo: tutte queste donne credono in quello che fanno e lo fanno con gioia.
Alcuni tratti caratteristici compaiono in tutte le figure, si ripetono in espressioni diverse.
Uno di questi è la famiglia, i nonni, i genitori…. appaiono come figure fondamentali, come punti d’appoggio indispensabili nella storia personale.
Un’altra variabile che compare sempre è la radice. Intesa come appartenenza, come “l’essere di un luogo”.
La storia della nostra valle, i grandi mutamenti antropologici e sociali che ha vissuto, appaiono in queste figure in tutta la loro complessità. Si ripetono in frasi scandite, o non dette, in sofferenze e delusioni, in scoperte ed infine nella certezza di una nuova appartenenza.
La nostra storia, spesso non detta né scritta, la ricostruzione di una struttura sociale smembrata che ha dovuto costruirsi una nuova identità, appare qui nella sua evoluzione, nel suo nuovo equilibrio.
E questo è quanto ho tratto da questa esperienza.
Ho imparato che la convivenza fra genti di culture e provenienze così eterogenee non poteva essere un “affare” tanto semplice. Ho capito che non è patologico il confronto, e anche lo scontro, ma che è stato una tappa necessaria per costruire questa nostra ”nuova realtà”, questa appartenenza comune, che fa di noi una comunità così diversa da tutte le altre.
Mi scuso con tutte le donne importanti che non siamo riusciti ad evidenziare, con quelle che non conosciamo e sono nascoste e con quelle che abbiamo già dimenticato anche se sono state importanti.
Mi scuso anche se , involontariamente, ho violato l’intimità delle donne che ho rappresentato, se ho forzato un po’ la loro volontà nel raccontarmi cose che forse volevano dimenticare.
Le ringrazio molto, non è facile parlare di sé.
Ringrazio infine anche il professor Ulderico Bernardi, è lui tanto tempo fa che mi ha fatto capire l’importanza delle radici.
Camporosso, 3 settembre 2007.
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