Per quel che riguarda i termini geografici, spesso qui fra gli anziani si sentono dei riferimenti singolari. Si dice " Fuori in Austria" o "Giù in Italia" per riferirsi all'altrove.
La nostra valle si sviluppa da est a ovest: a est si arriva ai confini (puntando leggermente verso sinistra, nord-est, in Austria; volgendo leggermente verso destra, sud-est, in Slovenia), dall'altra parte si va verso Udine.
Non c'è altra possibilità per spostarsi in modo celere verso i lunghi tragitti. E' quindi ben diverso che vivere in pianura dove, a 360°, le tue possibilità di movimento sono innumerevoli.
Questo doppio "muro laterale" condiziona quindi anche il modo di esprimere la geografia. "Fuori in Austria", intende "oltre" il muro del confine che, anche se fisicamente non c'è più, antropologicamente c'è, eccome.
"Giù in Italia" sottintende il lungo corridoio ed il tempo non breve che è necessario percorrere per arrivare agli agglomerati più grandi, dove ci sono le scuole superiori, gli ospedali, i tribunali, i centri commerciali.
Il corridoio comprende, oltre che tutta la Valcanale, anche il Canal del Ferro, fino allo slargo dove le valli si incontrano, Carnia, nel punto in cui si decide se muoversi verso Tolmezzo, Gemona, o oltre fino a Udine.
"Giù in Italia" negli anziani sottintende anche una certa "non appartenenza", direi ormai inconscia, un'estraneità che in realtà non è neanche premeditata, è così. C'è l'io che si sente apolide, ma non la prende come una sconfitta, è così e basta.
Mentre un giorno spiegavo a un mio cliente austriaco questi modi di dire, "draussen", fuori e "unten" giù, mi ha chiesto se pensiamo di fare un Principato della Valcanale, data l'appartenenza. Gli ho spiegato che sono ormai pochi quelli che si esprimono così, chiaramente il mondo gira: adesso io sono qui sulle Alpi e domani alle 10 posso essere a Jerez de la Frontera, da mia figlia, senza alcun problema e con costo minimo. Io non risento di questi limiti spaziali, ma se ci mettiamo nella testa di chi ha vissuto tutta la vita qui, con brevi uscite, di solito non piacevoli (ospedali, tribunali), è evidente come il fuori ti sembri ostile. Il tuo mondo ti basta e non ti riserva grosse sorprese.
Quando frequentavo Cà Foscari, a Venezia, spesso partivo prestissimo al mattino, in treno, e ritornavo a mezzanotte: per le mie vicine solo il pensiero era una cosa che le terrorizzava. Succedeva che quando dovevano scendere in pianura, venivano prese come da un'agorafobia, una mancanza di punti di riferimento, talmente disorientante da angosciare.
E per una di loro è stato anche davvero sconvolgente un ricovero all'ospedale di Gemona, dove chiunque parlava un'altra lingua, il friulano, e spesso si dimenticava di tradurre. "Sono stati tutti molto gentili, si stava bene, ma non capivo niente e non potevo sempre dire "prego?", alla fine pensavano fossi sorda e mi ripetevano le cose a voce molto alta, ma non capivo lo stesso, quindi lasciavo perdere. Ma si stava bene, erano proprio gentili".
:-)
La nostra valle si sviluppa da est a ovest: a est si arriva ai confini (puntando leggermente verso sinistra, nord-est, in Austria; volgendo leggermente verso destra, sud-est, in Slovenia), dall'altra parte si va verso Udine.
Non c'è altra possibilità per spostarsi in modo celere verso i lunghi tragitti. E' quindi ben diverso che vivere in pianura dove, a 360°, le tue possibilità di movimento sono innumerevoli.
Questo doppio "muro laterale" condiziona quindi anche il modo di esprimere la geografia. "Fuori in Austria", intende "oltre" il muro del confine che, anche se fisicamente non c'è più, antropologicamente c'è, eccome.
"Giù in Italia" sottintende il lungo corridoio ed il tempo non breve che è necessario percorrere per arrivare agli agglomerati più grandi, dove ci sono le scuole superiori, gli ospedali, i tribunali, i centri commerciali.
Il corridoio comprende, oltre che tutta la Valcanale, anche il Canal del Ferro, fino allo slargo dove le valli si incontrano, Carnia, nel punto in cui si decide se muoversi verso Tolmezzo, Gemona, o oltre fino a Udine.
"Giù in Italia" negli anziani sottintende anche una certa "non appartenenza", direi ormai inconscia, un'estraneità che in realtà non è neanche premeditata, è così. C'è l'io che si sente apolide, ma non la prende come una sconfitta, è così e basta.
Mentre un giorno spiegavo a un mio cliente austriaco questi modi di dire, "draussen", fuori e "unten" giù, mi ha chiesto se pensiamo di fare un Principato della Valcanale, data l'appartenenza. Gli ho spiegato che sono ormai pochi quelli che si esprimono così, chiaramente il mondo gira: adesso io sono qui sulle Alpi e domani alle 10 posso essere a Jerez de la Frontera, da mia figlia, senza alcun problema e con costo minimo. Io non risento di questi limiti spaziali, ma se ci mettiamo nella testa di chi ha vissuto tutta la vita qui, con brevi uscite, di solito non piacevoli (ospedali, tribunali), è evidente come il fuori ti sembri ostile. Il tuo mondo ti basta e non ti riserva grosse sorprese.
Quando frequentavo Cà Foscari, a Venezia, spesso partivo prestissimo al mattino, in treno, e ritornavo a mezzanotte: per le mie vicine solo il pensiero era una cosa che le terrorizzava. Succedeva che quando dovevano scendere in pianura, venivano prese come da un'agorafobia, una mancanza di punti di riferimento, talmente disorientante da angosciare.
E per una di loro è stato anche davvero sconvolgente un ricovero all'ospedale di Gemona, dove chiunque parlava un'altra lingua, il friulano, e spesso si dimenticava di tradurre. "Sono stati tutti molto gentili, si stava bene, ma non capivo niente e non potevo sempre dire "prego?", alla fine pensavano fossi sorda e mi ripetevano le cose a voce molto alta, ma non capivo lo stesso, quindi lasciavo perdere. Ma si stava bene, erano proprio gentili".
:-)
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