domenica 31 maggio 2009

Domenica speciale


Oggi qui da noi si sono celebrate le prime comunioni ed anche un battesimo.
In chiesa si sono cantate canzoni allegre e poi, poichè una delle bimbe festeggiate è austriaca ( frequenta la scuola elementare qui, ma i suoi parenti non sanno l'italiano) abbiamo pensato di aggiungere una canzone in tedesco. E' stato un po' un esperimento, da noi si canta sempre in sloveno. L'unica canzone che sappiamo è il Santo di Franz Schubert, un classico nelle celebrazioni in lingua tedesca.

Qui c'è la versione più bella che ho trovato http://katadrew.com/2008/heilig-heilig-heilig-heilig-ist-der-herr/ , è un brano dolcissimo, con piani e forti molto significativi. E' commovente, chi va a Messa al Monte Lussari la domenica a mezzogiorno, potrà ascoltare una versione veramente partecipata e coinvolgente, tutti la cantano, anche gli sloveni.

Qui http://www.youtube.com/watch?v=AnwatONhJxg&feature=related è come ci sarebbe piaciuto venisse la nostra esecuzione... la nostra versione è stata molto "imbastita"e modesta, siamo pochi e non abbiamo fatto scuola :-) ma ci divertiamo lo stesso.

Una delle famiglie coinvolte nella celebrazione di oggi ha presentato una figlia alla Prima Comunione , ed anche l'ultima nata al Battesimo. Il 26 aprile scorso sempre la stessa famiglia ha festeggiato la Cresima della terza figlia. In tutto hanno cinque figli dai 18 anni in giù, il più grande, Emanuele, è a scuola con Maria. Sono una ricchezza per la comunità perchè stanno tirando su figli in gamba, che partecipano, aiutano e portano tanta allegria. Non è facile tirare avanti una famiglia così e loro lo fanno con una serenità che coinvolge. Quindi, quella di oggi è stata evidentemente una festa dell'intera comunità. Ecco cosa abbiamo scritto sul bigliettino del regalo per la mamma:

”…ci sono quelli che non hanno la Cinquecento, perché non ci starebbero tutti;
quelli che moltiplicano seggiolini per auto, letti a castello, tricicli e biciclette, tasse scolastiche, libri, quaderni, regali di Natale e di compleanno;
quelli che non vengono invitati spesso a cena dagli amici, perché in casa degli amici tutti non ci starebbero;
quelli che la congiuntivite e l'influenza se la passano l'un l'altro e dura due mesi…

… e sono quelli che, nonostante le difficoltà, vivono impagabili momenti di allegria, di dolcezza, di letizia, di festa, di preghiera, di consolazione, di conforto, di dialogo, momenti che quotidianamente colorano la loro famiglia.”
Grazie di cuore per aver arricchito nuovamente la nostra comunità!
:-)

E' stata una bella mattinata.
Oggi pomeriggio ho lavorato, è iniziata la stagione estiva e si lavora anche la domenica. :-(((


mercoledì 27 maggio 2009

piove...

...e i pollini nuotano e l'allergia ci lascia respirare.
Com'è che, a quasi cinquant'anni, ogni anno mi dimentico che non posso andare a passeggiare nel bosco in maggio?
:-)

lunedì 25 maggio 2009

Invito

" Nella ricorrenza dei 200 anni dal martirio
del Capitano Ing. Frederich Hensel
contro l'armata francese al forte di Malborghetto,
siamo lieti, insieme al comune di Malborghetto - Valbruna
e alla Brigata Alpina Julia,
di invitarla alla Giornata del Ricordo,
il 15 maggio 2009 a Malborghetto".

L'invito era arrivato un mese fa, per posta, direttamente dall'Austria. Il Batallionskommandant Josef Lindner pare sia un mio affezionato cliente, con il quale ho parlato di questa storia in chissà quale occasione... com'è piccolo il mondo!
Comunque non ho potuto partecipare, il giovedì dalle 10 alle 12.30 lavoro e non ho sostituti. Oppure dovrei fare come dice la mia piccola: " Chiamiamo un supplente, no!"
Chissà se riuscirò mai ad associare un volto a quel nome.

P.s. Sull'invito c'è la foto del monumento che l'imperatore Ferdiando I ha voluto dedicare al comandante Hensel. Si tratta di un leone in bronzo, appoggiato su un fascio. La copia identica si trova sul fronte sloveno, subito dopo il confine di Cave del Predil. Il monumento è dedicato al capitano Johann Hermann von Hermannsdorf, suo coetaneo e anch'egli capitano del genio, morto come lui per difendere la Carinzia bloccando il passo del Predil.

mercoledì 20 maggio 2009

Duecento anni fa...


In questi giorni si ricorda un passaggio importante della storia europea, accaduto qui a Malborghetto.
Maggio 1809, duecento anni fa.
L'esercito francese, guidato da Eugène de Beauharnais, saliva lungo la valle del Fella, da lontano si sentivano i colpi di cannone. L'avamposto dell'esercito austro-ungarico era a Malborghetto, dove era appena stato costruito un forte. In quel punto la valle si restringe, c'è l'alveo del fiume e il forte è strategicamente importante.
L'ingegnere che l'aveva progettato, il capitano Friedrich Hensel, 28 anni, era lì a difesa di quell'opera che non era riuscito ad ultimare. E' una persona che ha avuto una vita difficile : ultimo di otto figli, perde il padre molto presto, i sacrifici per frequentare l'accademia sono stati grandissimi, è molto che non vede i suoi. La sua storia si legge attraverso le lettere che invia alla sua "Signora Madre" e al suo "Signor Cognato", sono state tradotte da un appassionato studioso di Malborghetto che ci regalato questi scampoli di vita, attraverso la storia.
Hensell attende l'arrivo dell'esercito avversario , è lì con i suoi 75 uomini, per la maggior parte croati, serbi, pochi austriaci. Il paese di Malborghetto ha già salutato quei militari , con i quali a veva convissuto quel periodo: c'era stato in paese qualche sera prima un incontro fra le autorità, i possidenti, assieme avevano bevuto e mangiato nella trattoria del signor Ressmann. Si viveva così, con fatalismo, oggi ci siamo domani chissà, almeno salutiamoci come si deve.
In fondo alla valle, verso Pontebba, si sente il borbottio dei cannoni. Una vedetta vede arrivare dal fondo della valle un messaggero, porta un comunicato da parte del comandante francese. Sul foglio che consegna c'è scritto che quell'avamposto "non poteva resistere al valore delle truppe francesi, dalle quali era investito da tutte le parti, cosa che lo metteva nell’impossibilità di ricevere qualsiasi soccorso, e che se per un capo vi era dell’onore da difendersi, quando la cosa pareva possibile, era temerarietà, per non dire un crimine, esporre la vita dei militari che si trovavano sotto i suoi ordini alle terribili conseguenze di una piazza presa d’assalto, mentre capitolando, poteva contare su tutta la lealtà della nazione francese".
A fronte di questo lungo discorso, è rimasta memoria della breve risposta con la quale Hensel rifiutò la resa e rimandò indietro i due parlamentari dicendo loro "Sono stato educato a combattere, non a fuggire” . Il giorno successivo, in modo meno formale, il capitano viene invitato non ad arrendersi, ma ad andarsene: non sarebbe potuto uscire vivo da quella faccenda, le regole della guerra erano così. L'avrebbero lasciato libero di dirigersi verso Villach, con tutti i suoi uomini, e non se ne sarebbe più parlato.

Il resto è storia: sono morti tutti, lì c'è un monumento, che quand'ero piccola guardavo dal finestrino dell'auto da lontano, la strada in quel punto faceva una curva pericolosa ed era difficile fermarsi a capire chi c'era in quell'angolo.
Quel forte è stato utilizzato in tutte le guerre successive, pare che la collina sia percorsa di camminamenti come un gruviera. Ieri i ragazzi delle scuole medie, fra cui Giuditta, l'anno visitato, forse ce la farò anch'io, se non mi prende la claustrofobia.
E' incredibile che fino a un paio di anni fa io non mi sia assolutamente resa conto che sul quello spezzone di roccia ci fosse tutto quel po' po' di costruzione. Ogni cosa era immersa negli alberi, tutto era ben nascosto per motivi strategici e solo da poco, abbattuti gli abeti ( e il muro di Berlino), il colle calvo ha potuto mostrare il suo fortino. Ci sono tantissime altre costruzioni di questo tipo qui in giro, ne scopro continuamente di nuove, mi sembravano colline ed erano cupole di armamento , sembravano rii ed invece erano fosse anticarro...quanto poco si sa del posto dove si vive ...
I riferimenti per capire qualcosa di quella brutta storia li ho trovati qui :

martedì 12 maggio 2009

Pranzo in baita

Lunedì scorso c'è stato il funerale del prefetto Cernetig, ecco l'articolo che ne parla: http://www.ilgiornaledelfriuli.net/2009/05/03/e-morto-a-65-anni-lorenzo-cernetig-fu-per-breve-tempo-prefetto-di-udine-rassegna-stampa-messaggero-veneto/

Molto belle le parole che ha pronunciato un collega , già suo compagno di stanza all'Accademia:
" aveva l'umiltà propria dei grandi e la generosità di chi sa che il passaggio di un uomo su questa terra è in funzione di qualcuno che verrà dopo di lui. Ha saputo guidare senza forzare, correggere senza offendere, soccorrere senza umiliare". Belle parole, rendono benissimo l'anima della persona.

Nel novembre del 2007, pochi giorni prima che lo cogliesse il malore che ha dato inizio al lungo cammino di sofferenze che si è concluso in questi giorni,ho avuto il piacere di conoscerlo, durante un pranzo informale, qui da noi; eravamo una decina di persone, alcune autorità, e il prefetto era stato invitato per scoprire i luoghi di questa Valcanale. Questa è una delle zone difficili per quel che riguardava il passaggio di clandestini, la sicurezza, il suo lavoro insomma. Si era voluto far scoprire al nuovo prefetto altri aspetti di questa valle, spesso tristemente famosa solo per i bollettini degli arresti ai valichi.

Era una persona fine e alla mano, uno di quei signori che non ti salutano con la garbatezza ( a volte falsa) espressamente dedicata ad una "donna", ma con la gentilezza e la curiosità dedicata ad una "persona".
Mi sono sentita subito a mio agio, nonostante non sapessi veramente quale fosse il mio ruolo lì.

Della figura del prefetto avevo sempre avuto un'idea vaga, sicuramente lontana. Non si sa neanche bene cosa faccia un prefetto , che differenza ci sia con la figura del questore, perchè li spostino da una sede all'altra così spesso... è un mondo a sè stante, ti tocca poco personalmente. Sedere vicino a questo signore che faceva domande sul luogo, sulla gente, sulla storia, è stato molto bello, sentivi che capiva o cercava di capire chi fossi, non solo io, ma anche tutto il gruppo sociale che in quel momento, involontariamente, rappresentavo.

E' stata una bella esperienza, mi ritengo fortunata per avere avuto l'opportunità di poterla vivere. Ma di quel pranzo mi resta anche il ricordo di un disagio. Un disagio dietro le spalle, un imbarazzo che non saprei identificare meglio.
Quanto era piacevole discorrere, tanto per me era imbarazzante il lavoro che si svolgeva dietro di noi. Sì, perchè il pranzo era proprio "fatto in casa", nel senso che eravamo ospitati in una baita e cucinavano alcuni collaboratori della persona che ci ospitava, gente con cui spesso avevo lavorato, avevamo faticato fianco a fianco nell'organizzazione di manifestazioni come la "Festa della Foresta" o la "Fiaccolata", amici insomma. In questa grande cucina si cucinava e il pranzo veniva servito direttamente lì, eravamo intorno ad un grande tavolone in legno. C'era l'atmosfera di accoglienza e di informalità di una casa, fuori dalle finestre un paesaggio bellissimo.

Questi miei amici, quel giorno occupati nell'inusuale ruolo di cuochi e camerieri, erano stupiti quasi quanto me per la mia presenza a quel tavolo. Ostentavano, in quel ruolo che normalmente non era il loro, cioè cucinare e servire a tavola, un'affettazione e un' ossequio decisamente esagerati. Infatti anche il prefetto, ad un certo punto, si sarà chiesto come mai tante premure per quell' unica signora, avrà pensato che in Valcanale gli usi e le tradizioni riguardo alla galanteria avranno avuto radici formali particolari.
In un modo o nell'altro è finito anche il pranzo, tra l'altro eccellente e servito nel migliore dei modi.
Mi sarei fermata volentieri ad aiutare a lavare i piatti, era esattamente la cosa che per logica sarebbe stato giusto fare. Imbarazzatissimi, i miei amici mantenevano le distanze e mi invitavano con furtive occhiatacce e cavernosi borbottiii, a continuare, " da brava", a mantenere il mio ruolo, a stare seduta buona lì. Decisamente supefacente questo strano atteggiamento, mi sembrava di essere a teatro.
Quindi sono andata via senza aver fatto niente, se non mangiare, " a sbafo"come si dice da noi.

Li ho poi invitati a cena, per sdebitarmi e ho fatto tutto io. Ma non è lo stesso, e non sono neanche riuscita a spiegare bene cosa ci facessi lì, a raccontare un sacco di cose al prefetto, invece di essere a casa, con bambini e marito.

lunedì 11 maggio 2009

Riflessioni: Festa della mamma o festa alla mamma?


... qui si ritiene che la festa della mamma sia una festa commerciale e consumistica e che noi alla mamma le vogliamo bene ogni giorno e le regaliamo i fiori quando ci pare, ecc.ecc.
Sms pomeridiano del figlio maschio lontano : "Buona Festa Della Mamma! Ti voglio bene." Risposta via sms delle figlie femmine piccole " Lecchino!".
Bene, questa è più o meno l'atmosfera in cui quelle due hanno iniziato una lotta all'ultimo sangue su chi dovesse passare l'aspirapolvere.
Le figliole, una diciott' anni, l'altra quasi quattrodici ( "tredici e dieci mesi, quasi!"), sono capaci di segarti i nervi con esemplare costanza, usando una di quelle belle seghe a mano arrugginite, la prima di qua che tira e l'altra che non molla, poi l'altra che tira e la piccola che fa resistenza. Discussioni e elencazioni, calendario alla mano, chi, cosa, come, quando sui turni e la faticosità delle incombenze.
Stamattina via mail mi arriva questo video di you tube che rende l'idea: per fare una foto da mandare alla mamma questi due arrivano alla lotta corpo a corpo.
http://www.youtube.com/watch?v=bhcA4Ry65FU&eurl=http%3A%2F%2Fjustimagineheaven%2Eblogspot%2Ecom%2F2009%2F05%2Fhappy%2Dmothers%2Dday%2Ehtml&feature=player_embedded
Le mie fanciulle sono proprio così: una più precisa, l'altra più artista, una convivenza davvero difficile, per ambedue.

Mentre "subivo" questa sevizia (pensando che nel frattempo l'aspirapolvere l'avrei già passato 50 volte) sono riemersi i ricordi delle zuffe con le mie sorelle, degli strilli e dei mugugni: sui turni per apparecchiare la tavola, su chi buttava le immondizie...

Quindi non è una questione patologica, è fisiologica, fa parte del percorso di crescita e dell'affinamento delle capacità di discussione dei ragazzi, dell'apprendimento delle indispensabili tecniche di autodifesa che ognuno deve farsi, dell'identificazione del proprio spazio ambientale, ed altro ancora. Una mia anziana amica, che di figli ne ha tirati su quattro, un giorno mi ha detto ( e non avevo capito appieno il contenuto delle sue parole) "Finchè non vedi sangue, non intervenire".
Quindi non ho sbagliato tutto e non mi ritrovo due squali in casa, che per la suddivisione dell'eredità si faranno rilasciare il porto d'armi.
Bene. Che sollievo. Comunque se si potesse abdicare, non sarebbe una brutta idea.
Fine delle riflessioni.

P.s. La figlia grande mi ha telefonato domenica scorsa dall'Andalusia per farmi gli auguri , perchè in Spagna la Festa della Mamma è la prima domenica di maggio.
Aveva appena finito di passare l'aspirapolvere.

mercoledì 6 maggio 2009


Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento di una splendida felicità.

(P. Neruda)