sabato 27 giugno 2009

Il ritorno del padre

"Ma dov'è tuo marito? Sta bene?" mi chiede chi da un mese e mezzo mi vede da sola, anche nelle occasioni importanti, quelle in cui il coniuge è "tradizionalmente" al fianco.
Mio marito, ha finalmente realizzato un sogno. E' partito il giorno del suo sessantesimo compleanno per fare il Cammino di Santiago, da solo.
E' arrivato a Santiago martedì scorso dopo 34 giorni di cammino, 770 km in tutto, a una media di 20 km al giorno. Ora è volato in Andalusia da nostra figlia, dove si fermerà fino a martedì, quindi volerà a Venezia e tornerà a casa.
Una bella soddisfazione, per lui che non ama camminare in montagna come me, che preferisce leggere nella penombra allo stare all'aria aperta, che non gradisce particolarmente socializzare con estranei. Un "orso friulano", insomma, che ha convissuto per più di un mese con perfetti sconosciuti, ogni sera diversi, dormendo nel sacco a pelo negli ostelli , in mezzo a gente con cui ha condiviso pasti e spazi. Con sè solo l'indispensabile, niente di superfluo. Un cambio di vestiti, che appena arrivi negli ostelli e hai fatto una doccia, ti danno l'opportunità di lavare ed asciugare, usando le attrezzature che ti mettono a disposizione.

E' un'esperienza che puoi fare in un particolare momento della tua vita, quando non hai più assilli economici, quando i tuoi figli sono sufficientemente grandi e non hai genitori anziani che hanno bisogno delle tue cure, e quando tua moglie, che non può venire con te, ti incita con entusiasmo ad andare.
Non è un'esperienza per tutti, forse perchè nasce da dentro, diventa una tua aspirazione un po' alla volta, fin quando un giorno matura e trovi il coraggio di approfittare dell'occasione per partire.
Ci siamo sentiti mattina e sera. Aveva portato il notebook che gli serviva per essere collegato alle centraline idroelettriche, il suo lavoro che seguiva da lontano. Ogni giorno mi raccontava di nuovi paesaggi e nuove pietanze assaggiate ( è un buongustaio). Intorno a Leon ha conosciuto un giapponese, (chissà come si parlavano?) e si sono raccontati mezza vita. Deve essere proprio vero che durante il Cammino, le formalità e le apparenze vengono lasciate cadere man mano che scorrono i chilometri sotto le scarpe, mai mio marito avrebbe interloquito in inglese con uno sconosciuto, raccontandogli di sè. Hanno anche bevuto una caraffa di vino assieme, accompagnandolo alle olive della Galizia, l'ha praticamente steso perchè i giapponesi non bevono vino.

I più interdetti alla sua partenza sono stati i figli, Veronica ha detto "non ce la fa, mamma, è lunga!", Federico gli ha spiegato come noleggiare un camper. Le più piccole, non hanno ben focalizzato l'impresa. Man mano che passavano i giorni, nella sua voce si sentiva la fatica, ma anche la serenità, quindi io ero tranquilla.

Martedì arriva a Venezia, poi ha un treno fino a Udine e poi lo andiamo a prendere, perchè non c'è una coincidenza.
Veronica ha detto che se per noi è un problema, potrebbe anche tornare a piedi. "Sono solo cento chilometri , in quattro giorni è a casa :-) "
In alto una bella poesia di Erri De Luca che dedico ai piedi di mio marito.

giovedì 25 giugno 2009

Fine di un' era


La solare Giuditta torna a casa piangendo al termine dell'esame orale di terza media. In mano ha la tesina che aveva portato che, presa dalla tensione, si è dimenticata di consegnare. E' affranta e non riesce a parlare. Sua cugina Letizia, che ha appena terminato la prima ginnasio, ha assistito all'esame e la consola tenendole un braccio attorno alle spalle. Mi dice: "Zia, la prof le ha detto - Ti avevo avvisata, Giuditta, che mettevo il dito nella piaga! - " ed è piuttosto alterata quando aggiunge: "ma zia! si dice - "... che avrei messo il dito nella piaga", ci va il condizionale!".

Come darle torto?

All'uscita della mia figlia più piccola da quella che è stata anche la mia scuola, alla chiusura di un'era, un grazie di cuore ai miei indimenticabili insegnanti delle Scuole Medie, che mi hanno insegnato ad amare la conoscenza attraverso il loro stesso contagioso entusiasmo.

martedì 23 giugno 2009

Auguri a un blog ...


... che compie un anno!

Equilibrismi

Piove e fa freddo, a casa abbiamo acceso la stufa a legna. Che estate, la scorsa settimana 37° C e oggi 12° C ! Sono vestita come d'inverno e ho dovuto chiudere la porta dell'enoteca per scaldarmi un po'.

Ieri era una bella giornata e all'alba Giuditta ed io siamo andate sul Monte Lussari, ci ho messo mezz'ora più del solito, una vergogna! Ma anche il tradizionale salto del cancello per entrare nel cortile del Liceo a vedere i voti di Maria non è stato uno scherzo. Sono ormai otto anni , prima con Federico e poi con Maria , che il sabato dopo la fine della scuola, chiusa l'enoteca, andiamo a Gemona a vedere i risultati degli scrutini. E' un po' una gita familiare, direi ormai tradizionale. A quell'ora i cancelli sono sbarrati, ma questo non è mai stato un problema: assieme ai ragazzi si salta di là e poi si risalta di qua. Stavolta i piedi si sono incastrati nella ringhiera , uno guardava a nord ed uno a ovest e le ginocchia non volevano comunicare tra loro. Giuditta ha provveduto ad immortalare con la telecamera del cellulare le mie evoluzioni acrobatiche, corredate da sonoro a tema, mentre Maria, presa da ilarità, non mi era di grande aiuto. Superato l' inghippo e continuando nella migliore tradizione, anche se papà non c'era, siamo andate nella solita gelateria e non abbiamo badato a spese, così il prossimo anno il salto del cancello sarà ancora più avventuroso :-)

Qui si vede il percorso per salire al Monte Lussari :

http://www.youtube.com/watch?v=ypKzidOwdf4

al secondo 33 si vede bene la rotonda vicino alla quale c'è casa nostra.

sabato 20 giugno 2009

Care Signore/ Jole Cappellari

Tutto quello che ho imparato sull' Ustock me lo ha insegnato la signora che sta qua sopra in foto. Siamo andate insieme a raccoglierlo, ridendo e scherzando come al solito, con il fiatone.
Anche in questa foto sembra stia per scoppiare nella sua contagiosa e allegra risata.
Jole è una delle signore che fanno parte della carrellata di donne del libro "Care Signore": prima ci conoscevamo abbastanza ma dopo quell'intervista i rapporti fra noi sono cambiati, è nata una confidenza da sorelle e da lei ho imparato tante cose.
Durante l'intervista ad un certo punto ha pianto ricordando l'infanzia e poi sua madre, che era appena mancata. Quel giorno mi è venuto il dubbio che forse, scavare nei ricordi e portare a a galla un vissuto amaro, possa fare più male che bene a una persona. Poi, la sua gratitudine per aver cercato di descriverla con tutta la sua ricchezza di valori, con tutta la sua forza fisica e la sua capacità organizzativa, mi ha aiutato a superare i sensi di colpa.

Jole Cappellari

La sua storia
Nasce nel 1948 a Tolmezzo. La sua famiglia si trasferisce in Valcanale, da Dogna dove vivevano, nel 1953. Non ha ricordi precedenti a quando è arrivata a Camporosso, i suoi primi ricordi sono ambientati a Zamline, quattro case poste all’ inizio del sentiero che porta al Monte Lussari,
isolate dal resto del paese. E’ la terza di cinque figli, dopo la quinta elementare è necessario cercare un lavoro e Jole non può scegliere, si
accetta il primo che arriva. Ha fortuna, la cercano subito e lavora a Tarvisio, nella Antica Trattoria Raibl. Passa quindi dall’infanzia all’età adulta senza vivere l’adolescenza, cosa che una volta succedeva spesso. Dalla signora Breic impara a lavorare, apprende velocemente ed è una cameriera affabile e svelta. Se la ricordano bene gli impiegati che pranzavano lì, infilava un commento ironico ad ognuno, riusciva a prendere in giro tutti, sempre correndo. Rimane fino a quando la signora decide di cedere l’azienda. Jole ha un desiderio inespresso: non vorrebbe lavorare nei giorni di festa e neanche alla sera fino a tardi. Cerca un lavoro diverso, ha il coraggio di rimettersi in gioco.
La cercano perché c’è bisogno di una commessa. All’assunzione il suo
ruolo è indefinito: inizia dalle pulizie e sale i vari gradini di specializzazione. In breve le viene affidata la responsabilità del reparto
ferramenta, un tempio del sapere maschile. Impara tutto sull’attrezzatura per falegnameria, idraulica, impiantistica. Gestisce il magazzino, negli ultimi anni deve avvicinarsi all’informatica, lo fa con titubanza, ma la necessità aguzza l’ingegno e riesce “a dare dei punti” anche ai suoi giovani colleghi.

Una passione
Il suo lavoro. Si ritiene fortunata, “al mattino mi alzavo ed andavo al lavoro con entusiasmo”, le è sempre piaciuto quello che faceva e ne ha ricavato grandi soddisfazioni.
Era una sfida continua: la gestione di un
magazzino con migliaia di articoli di settori diversi, la professionalità nelle scelte per non rimanere senza materiali, che per gli artigiani locali sarebbero stati indispensabili, e allo stesso tempo l’attenzione a non caricare troppo le giacenze, che sarebbero state un peso per il suo titolare. Il suo luogo di lavoro era nel seminterrato, e sembrava fosse
proprio casa sua. I clienti scendevano la scala e già dal passo Jole capiva con chi avrebbe avuto a che fare e soprattutto qual’era l’umore della giornata. “Psicologia ferramentistica”dice. Ogni giorno viveva il contatto diretto con gli artigiani della valle, gente dal carattere deciso, sarebbe meglio dire burbero, ma che una volta che ti ha dato la sua fiducia ti rispetta senza riserve.
E questo rispetto è palpabile anche oggi: dopo anni di pensione, clienti e rappresentanti quando la incontrano per caso la baciano “parte per
parte, e mi dicono che manco tanto ”.

Era poi interessante l’arrivo degli artigiani del week-end, quelli
del bricolage casalingo e dalla terminologia poco usuale. Scendevano le scale con allegria per chiedere le cose più incredibili, senza sapere bene quello che volevano. “Un signore voleva una chiave storta fatta
così e per farsi capire è arrivato anche con un disegno. Gli ho dovuto dire che avrebbe dovuto produrla da solo
”.
Era comunque sottinteso e universalmente riconosciuto che Jole sapesse tutto e risolvesse ogni tuo problema.
A volte doveva farsi valere con chi non la conosceva bene “sai, pensavano che una signora non potesse capire molto di rondelle”. E a volte a qualcuno capitava di sentirsi un po’ stupido, quando risaliva quella scala.

Un pensiero
Da giovane si vergognava quasi a dire che aveva studiato solo fino alla quinta elementare, oggi lo dice con orgoglio. Ha lavorato per trent’anni in un settore specialistico, parlando lo sloveno ed il tedesco, utilizzando computer e attrezzature sofisticate. Sa che non è un diploma che dà l’autorevolezza, quello che ha imparato è merito suo ed il rispetto che si è guadagnata in valle è uno dei riconoscimenti più grandi.

Un ricordo
“Non avrei potuto fare quello che ho fatto se non ci fosse stata mia madre”. Sua madre, che quasi si sentiva in colpa per aver dovuto far lavorare i suoi figli così presto, poichè lei era stata ammalata e la famiglia ne aveva sofferto. Jole dava tutte le sue energia al lavoro, tornava a casa e trovava il pranzo pronto, “mi lavavo le mani e mi
sedevo a tavola
”, lo dice come fosse stato un privilegio.




venerdì 19 giugno 2009

Luststock

In questo periodo si raccolgono le foglie di questa pianta, che si chiama
Sedano di monte - Ligustico - Ligusticum officinale
Dal latino ligusticum e dall’aggettivo greco neutro Ligystikón, quindi, della Liguria, che in greco e in Aristotele suona λεβιστικο. Per alterazione del latino ligusticum ne è scaturito levisticum, per cui in alcuni testi il Ligusticum officinale viene riportato come Levisticum officinale. Il nome, nelle lingue moderne europee si è trasformato, per esempio in francese è livéche, norvegese løpstikke, finnico lipstikka, estone leeskputk, lettone lupstājs, ceco libeček, rumeno leuștean (leuştean);, ungherese lestyán, greco levistico [λεβιστικο] e ucraino lyubystok [любисток].
Il genere Ligusticum appartiene alla famiglia delle Ombrellifere, con circa 50 specie. Sono erbe perenni di varie parti del mondo.In Italia esistono 5 specie, tra cui il Ligusticum mutellina, la motellina o meo delle Alpi, detto anche Meum mutellina: cresce nelle zone alpine ed appenniniche fino ai 1500 metri, si tratta di una pianta vivace, alta fino a 150 cm. Ha radice carnosa, a fittone giallo-bruna fuori e bianca dentro, di sapore piccante e odore balsamico; fusto eretto, cilindrico, grosso, rugoso e vuoto; foglie pennatosette a segmenti romboidali dentati, lanceolate a tre superiormente, lucide; fiori giallo-verdognoli in ombrelle compatte di 6-12 raggi a luglio-agosto; frutto con due acheni a 5 coste principali bislungo. Spontanea e coltivabile, comune nei prati e nei pascoli di montagna è molto aromatica e appetita dal bestiame, specialmente bovino. Il levistico faceva parte degli orti dei monasteri, rispettando così una delle ordinanze di Carlo Magno contenute nel Capitulare de villis*. I monaci benedettini lo fecero conoscere a nord delle Alpi. La sua radice è usata nella medicina popolare ed è dotata di proprietà digestive, colagoghe e diuretiche."


Usando le foglie si fa anche una grappa che nei rifugi viene offerta a fine pasto, qui da noi in casa quasi tutti ne hanno un po' come digestivo.
Sto cercando di produrla per poterla vendere, visto che molti me la richiedono. La richiesta è formulata con fare furtivo, sottovoce, tipo "sappiamo che ce l'ha, non faccia la furba!", sembra di essere ai tempi del proibizionismo.

Abbiamo raccolto le foglie fresche stamattina all'alba e subito sono state portate a Rive d'Arcano, vicino a San Daniele dove la distilleria le metterà in infusione per almeno qualche mese. Poi, una per una, le bottiglie, verranno riempite con la grappa ed anche con un rametto con alcune foglie.
Le abbiamo raccolte in due posti, uno più in alto, molto riparato ed uno più in , in posizione soleggiata, e verranno messe in infusione in vasche separate, per vedere se il risultato sarà diverso. Vedremo. E' comunque stimolante mettersi in gioco: se ci si fa prendere dall'abitudine e dalla noia del "già fatto e già visto", va a finire che si diventa vecchi e , visto che, date le previsioni, avrei ancora una ventina d'anni di lavoro che mi aspettano, bisogna divertirsi, almeno un pò :-)

Il vero problema è il nome che questa grappa porterà in etichetta, perchè il nome originale non è più ben chiaro.
Confidenzialmente qui quest'erba viene chiamata Ustok, pronunciato con la sc come a dire sci e l'accento sulla u.
"Ti offro l' ustock" è la frase con cui viene tirato fuori da sotto il banco il bottiglione da due litri con dentro la grappa arricchita da quelle strane foglie.
In tedesco è Lust-stock, cioè erba della felicità, (Lust=allegria, Stock= fusto della piantina).
Quindi mi trovo nel'imbarazzo della decisione: mantenere il nome popolare, mai scritto e quindi forse non corretto, usare il termine d'origine, Luststock, che ha praticamente la stessa pronuncia di quello popolare, aggiungendo la L che è andata persa, o chiamarlo sedano selvatico o levistico o ligustico e togliergli un po' di poesia, ma ricordando i monaci benedettini che l'hanno portato in giro per l'Europa?
A chi mi legge l'ardua sentenza.


* Capitulare de villis Carlo Magno
70 -Volumus quod in horto omnes herbas habeant: id est lilium, rosas, fenigrecum, costum, salviam, rutam, abrotanum, cucumere, pepones, cucurbitas, fasiolum, ciminum, ros marinum, careium, cicerum italicum, squillam, gladiolum, dragantea, anesum, coloquentidas, solsequiam, ameum, silum, lactucas, git, eruca alba, nasturtium, parduna, puledium, olisatum, petresilinum, apium, levisticum, savinam, anetum, fenicolum, intubas, diptamnum, sinape, satureiam, sisimbrium, mentam, mentastrum, tanazitam, neptam, febrefugiam, papaver, betas, vulgigina, mismalvas, malvas, carvitas, pastinacas, adripias, blidas, ravacaulos, caulos, uniones, britlas, porros, radices, ascalonicas, cepas, alia, warentium, cardones, fabas maiores, pisos Mauriscos, coriandrum, cerfolium, lacteridas, sclareiam. Et ille hortulanus habeat super domum suam Iovis barbam. De arboribus volumus quod habeant pomarios diversi generis, pirarios diversi generis, prunarios diversi generis, sorbarios, mespilarios, castanearios, persicarios diversi generis, cotoniarios, avellanarios, amandalarios, morarios lauros, pinos, ficus, nucarios, ceresarios diversi generis. Malorum nomina: gozmaringa, geroldinga, crevedella, spirauca, dulcia, acriores, omnia servatoria; et subito comessura; primitiva. Perariciis servatoria trium et quartum genus, dulciores et cocciores et serotina.

Explicit capitulare dominicum.

martedì 16 giugno 2009

La famiglia Gams



Ancora un appunto sulla locandina del post precedente: c'è scritto Familie Mikl vlg Gams, Hart/Locilo 4.
Non è una ditta, è una famiglia, il cognome è Mikl. Mei paesi dove molti hanno lo stesso cognome si usa dare un sopranome, indicato in vulgo, vlg. Il loro nome in vulgo è Gams. Il paese dove abitano è Hart. Locilo è il nome in sloveno, visto che è una zona bilingue.

L'altra settimana Simonetta Carbonaro al Forum di Bolzano ha calcato l'attenzione sulla prossima campagna pubblicitaria dell'Alto Adige (intesa come promozione del turismo, dell'artigianto, dell'agricoltura, in un'unico connubio). Ci ha fatto notare le varie persone presenti nello spot: chi presentava un formaggio parlandone a suo figlio, chi intagliava il legno, chi insegnava a sciare. Ci ha detto che ognuno di loro non è un'attore, ma fa quello che si vede in foto ogni giorno dell'anno. Questo si nota a livello inconscio, non sono "belli", nello stile del Mulino Bianco, sono veri.

Credo che questa pubblicità mi abbia colpito proprio perchè in locandina c'è il signor Mikl, che i suoi amici identificano con Gams, assieme alla sua signora e ai suoi bambini, il più piccolo dei quali di fragole non ne ha ancora abbastanza.:-)

domenica 14 giugno 2009

Campi di fragole




Ecco qui sopra la locandina dei campi di fragole austriaci: si va, si raccoglie e poi si fa la marmellata. Il campo più vicino è poco dopo il confine: a Pöckau, poco dopo Arnoldstein, si vede bene dalla statale, è sulla destra.
Lo zucchero (con pectina e acido citrico nella quantità giusta, nella seconda foto) si trova in tutti i supermercati austriaci. Io uso quello 3:1, tre quantità di frutta e una di zucchero, perchè è meno dolce, ma c'è anche 2:1.
Basta quello, un po' di pazienza e attenzione a non scottarsi, la marmellata sarà buonissima.
Ogni anno, la prima domenica dopo il termine della scuola, è dedicata alle fragole. In quattro si raccolgono presto 10 kg (+1 gratis) di fragole, tornando indietro passiamo al supermercato e comperiamo lo zucchero. Poi a casa a lavare, tagliare, cuocere, passare...ci facciamo la scorta per tutto l'inverno.
Per la prima volta siamo andate solo noi tre, senza papà, che è lontano. Ci sono mancati i suoi affettuosi avvertimenti durante la cottura: la quantità di gradi centigradi con cui si ha a che fare è notevole, e noi ci giochiamo con inconsciente noncuranza.

P.s. I campi sono aperti fino a quando ci sono le fragole, ancora circa due settimane, ma forse anche più a lungo, quest'anno la stagione è in ritardo.

giovedì 11 giugno 2009

Orto botanico alpino



Ieri in enoteca ho avuto la piacevolissima visita di un gruppo di amici (i soliti di cui parlavo nel post precedente: tutti anziani e con tanta voglia di godersi la vita). Tornavano da uno strano giro, erano vestiti da montagna, con bastoncini e zaino: partiti da Villach al mattino, in bus a noleggio, avevano visitato il parco del Dobratsch, situato sopra la città, e poi, visto che erano in giro e avevano un bus a disposizione, hanno pensato di fare una puntata gustosa in Italia.
Mi hanno parlato tantissimo dell'orto botanico alpino che avevano appena visitato:
credo sia un posto veramente interessante, da portarci i bambini e non è difficile da raggiungere, si arriva fino in cima in auto.

Tutte le indicazioni si trovano qui
http://www.alpengarten-villach.at/internatiomaleseiten/italienisch.htm

Per arrivare lì non è necessario acquistare la famosa Vignette, il bollino di pedaggio autostradale, si può arrivare tranquillamente percorrendo la statale e, prima del centro commerciale Atrio, seguire le indicazione della Alpenstrasse.
Attenzione: le indicazioni autostradali in Austria sono blu, non verdi come le nostre, è facile sbagliare e ritrovarsi in autostrada. Le multe sono, giustamente, molto dolorose.

martedì 9 giugno 2009

La Casa a Nord Est




La casa a Nord Est ( la foto in alto è invernale, in questo periodo è rigogliosa di fronde, profumi e colori) è stata restaurata dall'arch. Antonietta Cester Toso, di cui ho parlato qui http://dawit-benvenuta.blogspot.com/2008/10/comera-iniziata-quellavventura.html

Il proprietario era lo scrittore Sergio Maldini che ne ha scritto nel suo libro intitolato appunto La Casa di Nord Est: l'architetto Toni in quelle pagine è definita "teutonica", il che è tutto dire.

Sabato è stato presentato,a dieci anni dalla morte di Maldini, un libro di Federica Ravizza che raccoglie le lettere che i due si sono scambiati durante la ristrutturazione. E' un libro a volte leggero, a volte triste, molto originale. La presentazione si è svolta, com'è logico sia, nel canevon della casa, grande salone pensato da Sergio Maldini proprio per questi momenti di cultura.
Erano presenti tanti amici e quasi tutti i protagonisti di quelle pagine. E' stata la celebrazione di una casa e della comunità che ci vive attorno: S. Marizza è un borgo piccolissimo sperduto nella piatta campagna friulana, più o meno fra Codroipo e Latisana, l'ambiente ideale per perdermi, visto che sono abituata a muovermi con dei punti di riferimento come le montagne.
La tradizione di quella zona vuole che in ogni casa si faccia il salame, rigorosamente per uso proprio. La "nuova tradizione" di Santa Marizza di Varmo è che ogni anno ci si ritrovi ad assaggiare tutti i salami, di puro suino, senza aglio e mai affumicati, per decretarne il migliore.
E io che cosa ci facevo lì, alle 8 di sera, così lontano da casa, con un invito così ufficiale? (come ci si veste per l'occasione? si porta qualcosa per la padrona di casa ?!?)
Toni Cester Toso mi ha invitata personalmente ad assaggiare e premiare i salami di Santa Marizza, un onore riservato a pochi :-))
N.B : Ci si veste eleganti, "da sera" elegante, e si portano i fiori alla padrona di casa: non ne ho indovinata una.

giovedì 4 giugno 2009

Simonetta Carbonaro


Mi aveva sempre interessato la teoria dell' "umanità dei consumi" di Simonetta Carbonaro, una teoria all'apparenza utopica, invece molto concreta ed attuale. Ho saputo quasi per caso che avrebbe fatto un intervento qui:

"Forum SMG 2009
Quest’anno il Forum SMG, l’evento principale organizzato da Alto Adige Marketing, avrà luogo mercoledì 3 giugno 2009, con inizio alle ore 16 presso la Waltherhaus a Bolzano. Simonetta Carbonaro sarà la relatrice principale del Forum SMG. Carbonaro offre la sua consulenza a imprese internazionali, insegna design presso l’Università Borås in Svezia ed è esperta nel campo della psicologia dei consumi. A livello europeo è considerata fra i massimi relatori nel campo del marketing e del design. Il Forum SMG costituirà quindi un’ottima opportunità per poterla ascoltare per la prima volta dal vivo in Alto Adige. La partecipazione all’evento è gratuita, tuttavia l’iscrizione è obbligatoria."


Bolzano è a tre ore e mezza da qui e per arrivarci bisogna entrare in Austria e, pecorrendo la valle del fiume Gail, si arriva a Hermagor, poi Koetschach Mauten, Lienz ed infine si rientra in Italia a Brunico, Dobbiaco e giù fino a Bolzano. Un bel giro, ma ne valeva la pena. Affidata l'enoteca a mio padre ( grazie al cielo posso contare su di lui per questi colpi di vita) sono partita a mezzogiorno. Quindi ieri ho partecipato a questo evento. In un auditorium gremito di operatori del turismo altoatesini, ero decisamente un'infiltrata: in fin dei conti, nel nostro piccolo e con grande umiltà, siamo un po' concorrenti.

Simonetta Carbonaro ha iniziato dicendo che i consumatori hanno un grande bisogno di autenticità.
“Autentico” è una parola chiave utilizzata frequentemente, ma molto spesso in modo non corretto. L’industria dei beni di consumo ha prodotto delle fabbriche dei sogni, nelle quali i reali bisogni dei clienti non ricoprono più un ruolo centrale. Un mondo, che si basa sulla finzione che giri tutto intorno ai nostri desideri, produce un sentimento di solitudine. I clienti hanno tuttavia bisogno di un orientamento: aspirano a dei valori intrinsechi alle merci e non a dei simboli immateriali. L’opportunità delle aziende sta, di conseguenza, nel riconoscere tale desiderio e puntare su di esso attraverso lo sviluppo di prodotto e il marketing.
Un bel concetto, nuovo nella promozione del turismo. Alla fine ci è stato consegnato un gadget, sembrava una spillina-smile di quelle in latta, ed invece era uno specchio. Il significato? "Autentico? Sei tu!". Un concetto talmente semplice da divertire. Fra le altre cose ha parlato di folclore e di tradizione: tradizione è tramandare cose per te fondamentali, folclore è metterla in piazza, esibirle. Folclore no, tradizione sì, questo è autenticità. Mi è piaciuto moltissimo ogni passaggio del suo percorso, diceva cose ovvie nella loro semplicità, ma che fino ad ora non eravamo riusciti ad esprimere. La gente, l'ospite non cerca Disneyland, vuole verità, vita vera, condivisione di una vita vera. Proprio bello.

Sono rientrata a mezzanotte, una stancata, ma ne valeva la pena.
Qui

http://www.smg.bz.it/images/stories/Eventkalender/2009/SMG_Forum/carbonaro_votava_3_08.pdf
c'è la relazione di Bolzano, solo in tedesco :-(

lunedì 1 giugno 2009

Egregio signore


Egregio signore,
che hai acquistato un appartamento qui in valle per passare il tuo tempo libero, mi rattrista sentirti lamentare che qui non ci sono servizi e non c'è un negozio decente, e se c'è è davvero caro, e non c'è una piscina e neanche un cinema.

Non puoi pensare di lasciare lo stress della città e ricreare qui lo stesso ambiente che hai lasciato. Qui ci sono altre cose.
In edicola non c'è tutta quella scelta che trovi a Udine in centro o a Trieste in piazza Unità, accontentati di quello che trovi, e che a noi, che abitiamo qui 365 giorni all'anno basta, e cogli quello che a casa non hai: il silenzio, ad esempio, e lo senti se abbassi il volume dell' e-pod quando vai a correre per migliorare i tuoi tempi...
So che è difficile adattarsi a ritmi così semplici, lenti, naturali.
Ma pensa che quando vai a comprare quell' unico tipo di pane puoi parcheggiare proprio lì davanti, senza girare a vuoto, e se devi fare un po' di fila in quel microscopico negozio hai la splendida occasione di imparare qualcosa del luogo dove sei capitato, e se ti spazientisci il problema è tuo, è patologia la tua, perchè stai vivendo il tuo tempo libero e non riesci proprio a spegnere il motore....

Caro amico, qui si fa fatica ad andare avanti, siamo troppo pochi per tenere in piedi i servizi che ti mancano e tu vieni troppo poco spesso per giustificare un ottimismo nel futuro.
Quindi, gentile signore, non arrabbiarti, perchè sei tu che sbagli, non hai capito.
Vivere in montagna ( o comprare un pied a terre in montagna) è una fortuna. E questo dovrebbe bastarti, anche perchè se per molti di noi può non essere stata una scelta, per te sicuramente lo è stata.
Dicevi che volevi comprare “qualcosa” qui in montagna per stare un po' in pace. Ti aspettiamo con calma per aiutarti ad imparare a rilassarti :-)