Stanotte è nevicato di nuovo, altri quaranta centimetri sopra quel metro di bianco che c’era già.
Non è finita, continuano a scendere “fiocchi come panini”, secondo il lessico di un noto operatore delle funi di risalita, una frase che è passata alla storia.
Ho passato la mattinata a caricare neve soffice sulla carriola, a pulire i terrazzi e i marciapiedi, a fare la stradina per arrivare al magazzino. Sono sudata e ho le braccia pesanti come due pezzi di legno: alla fine di questo lavoro mi sento sempre un po’ “scimmiesca”, ho l’impressione di poter riuscire ad appoggiare a terra il dorso delle mani stando eretta. Però spalare fa bene, diceva sempre mia nonna, rafforza i pettorali.
Adesso sto proprio bene seduta qui al computer, al calduccio, e veder nevicare ancora mi riempie comunque di euforia, nonostante la fatica che mi aspetta dopo.
Le braccia tremano leggermente, la fatica si sente, adesso. Ma per i pettorali, siamo pronte a questo e ad altro: contrastare gli effetti della forza di gravità, è per una signora, una sfida.
Quest’inverno è nevicato tantissimo, è iniziato con la prima nevicata a novembre e poi abbiamo avuto una buona dose di neve fresca a cadenza settimanale. Il manto nevoso è rimasto costante e, se va bene, forse solo a Pasqua si vedrà un po’ di verde.
E’ un inverno strano, era un bel po’ di tempo che non nevicava tanto.
Qualche volta ci ricordiamo di quando eravamo piccoli, a quei tempi c’erano nevicate “megagalattiche” : andavi a scuola a piedi perché le strade erano bloccate, qualche volta arrivavi e la maestra non c’era perché il treno era in ritardo, fermo da qualche parte, e allora si stava tutti assieme con la maestra che abitava nella scuola e lei reggeva bene tutte le classi, senza farsi alcun problema a tenere la disciplina.
Quando ne parliamo fra noi viene sempre fuori la frase “ Ti ricordi quanta neve… ci arrivava fin sopra la testa, non vedevi fuori dal corridoio che avevano spalato per farci passare” e si alza il braccio ad un’altezza di almeno 1 metro e 80, “ Fin quassù, sopra la testa!”.
Così nascono le leggende, ci dimentichiamo che quella volta tutti noi non arrivavamo al metro d’altezza.
Non è finita, continuano a scendere “fiocchi come panini”, secondo il lessico di un noto operatore delle funi di risalita, una frase che è passata alla storia.
Ho passato la mattinata a caricare neve soffice sulla carriola, a pulire i terrazzi e i marciapiedi, a fare la stradina per arrivare al magazzino. Sono sudata e ho le braccia pesanti come due pezzi di legno: alla fine di questo lavoro mi sento sempre un po’ “scimmiesca”, ho l’impressione di poter riuscire ad appoggiare a terra il dorso delle mani stando eretta. Però spalare fa bene, diceva sempre mia nonna, rafforza i pettorali.
Adesso sto proprio bene seduta qui al computer, al calduccio, e veder nevicare ancora mi riempie comunque di euforia, nonostante la fatica che mi aspetta dopo.
Le braccia tremano leggermente, la fatica si sente, adesso. Ma per i pettorali, siamo pronte a questo e ad altro: contrastare gli effetti della forza di gravità, è per una signora, una sfida.
Quest’inverno è nevicato tantissimo, è iniziato con la prima nevicata a novembre e poi abbiamo avuto una buona dose di neve fresca a cadenza settimanale. Il manto nevoso è rimasto costante e, se va bene, forse solo a Pasqua si vedrà un po’ di verde.
E’ un inverno strano, era un bel po’ di tempo che non nevicava tanto.
Qualche volta ci ricordiamo di quando eravamo piccoli, a quei tempi c’erano nevicate “megagalattiche” : andavi a scuola a piedi perché le strade erano bloccate, qualche volta arrivavi e la maestra non c’era perché il treno era in ritardo, fermo da qualche parte, e allora si stava tutti assieme con la maestra che abitava nella scuola e lei reggeva bene tutte le classi, senza farsi alcun problema a tenere la disciplina.
Quando ne parliamo fra noi viene sempre fuori la frase “ Ti ricordi quanta neve… ci arrivava fin sopra la testa, non vedevi fuori dal corridoio che avevano spalato per farci passare” e si alza il braccio ad un’altezza di almeno 1 metro e 80, “ Fin quassù, sopra la testa!”.
Così nascono le leggende, ci dimentichiamo che quella volta tutti noi non arrivavamo al metro d’altezza.
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