mercoledì 8 ottobre 2008

Lezioni di guida su neve e incontro con Babbo Natale


Piove, come previsto, ed è tutto grigio. La neve si sta sciogliendo a vista d’occhio e a terra c’è un velo viscido, è sufficiente si abbassi la temperatura di due gradi e abbiamo intorno un’ immensa pista di pattinaggio.
Come succede quando nevica, in questi giorni bisogna fare molta attenzione non solo a piedi, anche in auto, specialmente se sono giorni di festa.
Quando ho frequentato le lezioni per la patente di guida l’istruttore è stato chiaro: con un tempo così bisogna guidare come non avessimo i freni; se è necessario rallentare o fermarsi, bisogna farlo diminuendo la velocità e operando con il cambio.
E’ stato esauriente nella spiegazione e convincente nella dimostrazione pratica: nel piazzale ghiacciato dove stavamo viaggiando ha premuto con decisione sul freno usando i suoi comandi e l’automobile si è messa immediatamente di traverso, girando su se stessa. Ottimo modo per farti capire le cose, ho quasi sbattuto la fronte sul parabrezza, non dimenticherò l’insegnamento.
Chi non ha avuto la fortuna di frequentare le lezioni di guida con lo yeti queste cose le impara con l’esperienza.
Durante i giorni di festa, nei fine settimana, quando nevica viaggiare è pericoloso perché c’è tanta gente in giro che prova questa interessante esperienza lungo i vicoli della valle. In quei giorni fra gli autisti locali c’è la parola d’ordine: si sta a casa, e a meno di emergenze, l’auto sta al sicuro.
In particolare spaventano i SUV, quei fuoristrada altissimi, 4x4, megagalattici e cromati, con l’interno in pelle umana depilata.
Se guidi un automezzo di quelli, ed ho provato, ti cambiano, tuo malgrado, tutte le regole mentali.
Stai seduto ben più alto rispetto alle utilitarie che hai attorno e senti la potenza e la forza del motore che hai davanti.
Ne va da sé che ti senti Babbo Natale sulla slitta, con le renne in fila per due: si vola!
Il problema è fermarsi. Allora è interessante notare l’espressione di Babbo Natale che passa lentamente da un’euforia carica di autogratificazione ad una perplessità con tanti punti di domanda attorno: gli occhi si spalancano mentre l’auto non ubbidisce più e se ne va per conto suo; per un attimo sembra ci sia un’epidemia di ipotiroidismo, i bulbi oculari sembrano schizzare fuori come nei cartoni animati giapponesi.
Di solito i valligiani a piedi assistono alla scena stando ben riparati nel mucchio di neve, nel quale sono balzati come lepri. La rappresentazione avviene al rallentatore, c’è tutto il tempo per prepararsi e fare il tifo per il grosso veicolo, è un vero peccato rovinare quel gioiello.
In genere il gioiello ha la meglio sull’utilitaria che ha avuto l’avventura di trovarsi sulla sua traiettoria: i suoi paraurti sono talmente alti che arrivano al naso dell’autista rattrappito nella sua macchinetta.
Sia ben chiaro, non è invidia la nostra: qui da noi se il fuoristrada è necessario per andare nelle malghe o per scendere da sentieri impervi, si compra, è un mezzo di lavoro. Magari non con la pelle umana all’interno e neanche con l’impianto hi-fi.
E’ che, se non serve, il fuoristrada, è solo esibizione, e l’esibizionismo fra i montanari si prende in giro, non si ossequia.
Con il mio doblò vado praticamente dappertutto, con qualsiasi tempo. Con i pneumatici lamellari, certamente , e con la calma.
Una volta ho perso la calma. Avevo dovuto fermarmi in salita e buttarmi col muso dell’auto nella neve per far passare un fuoristrada. Ho visto praticamente solo una scritta giapponese davanti e i mozzi delle ruote che mi arrivavano agli occhi. Che caspita, se hai il 4x4, vai tu nel campo che poi riesci a venirne fuori!
L’auto è sparita rombando dietro la curva. Il mio doblò faceva il possibile, ma di traverso e inclinato, con le ruote di destra scomparse nel prato, miracoli non ne faceva.
Sarebbe bastata una spinta, ma Babbo Natale doveva andare velocemente a consegnare regali, credo, non avrebbe avuto un’altra giustificazione valida per comportarsi così e sparire dietro la curva.
Avanti e indietro a cercare di venirne fuori, è successo che la leva del cambio mi è rimasta in mano.
Preferisco non commentare ulteriormente questo grave avvenimento.
Il giovane meccanico che è venuto a recuperarmi mi ha redarguito: “Signora, il cambio si usa con due dita, non con due braccia!”.
Ce l’avevo ancora in mano, il cambio, in quel momento, il giovanotto non sa cosa ha rischiato.

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