Conosco molte persone che amano il loro lavoro ed è bello lavorare con loro. Micky, sicuramente e anche Manuela.
Poi Roberta, la mia parrucchiera.
Io non prendo decisioni in merito ai miei capelli, le ho delegato la mia immagine, ognuno deve fare il suo lavoro: io mi occupo di vino, lei si occupa di teste. Con me osa spesso soluzioni nuove perché è una delle poche persone che hanno capito il mio carattere: sa che mi piace cambiare, sono aperta alle novità estetiche, evitiamo la noia dove possibile.
Non ho un’immagine definita di me stessa, del resto siamo tutti in continua evoluzione, basta capirlo.
A Natale, un paio d’anni fa, Roberta ha deciso per alcune meches color salmone. Carine, un tocco di colore, non erano troppo appariscenti e a me piacevano.
Al Valbruna Inn il commento dei frequentatori del bar è stato piuttosto sarcastico “Se questo è il Natale, per Carnevale cosa combini?”. Io non me la sono mai presa per questi commenti, è il modo che i nostri uomini hanno per fare dei complimenti, per farti capire che hanno visto in te un cambiamento.
Sono fondamentalmente timidi, dire a una che sta bene in un certo modo, è una smanceria da smidollati cittadini.
Quella sera Roberta era a cena da noi con alcuni amici. Le ho chiesto di venire con me l’ho accompagnata al bar: la decisione era stata sua e doveva assumersi le sue responsabilità. I miei amici non si aspettavano di doverla incontrare personalmente, non è facile dire ad un artigiano/artista che non ci piace come lavora: in realtà Roberta è una donna molto bella, elegante e con un sorriso disarmante, non avrebbero potuto dirle proprio niente, direi che sono rimasti senza parole.
Adesso quando sanno che sto andando dalla parrucchiera si raccomandano di porgerle i loro più affettuosi saluti e i complimenti per i miracoli che riesce a fare con una capigliatura “difficile” come la mia. Il potere della seduzione femminile!
Silvia fa il suo lavoro con passione ed attenzione. Lavora in un negozio di abbigliamento nella Bassa Friulana, e si sa come è difficile essere cordiali vendendo vestiti.
Lei si fa notare: porta i capelli grigi tagliati a spazzola con tanto gel e le stanno benissimo. Non è una commessa, è una professionista. Ha accumulato anni di esperienze che sono un bagaglio impagabile: conoscenza dei tessuti, delle linee, ma soprattutto dei caratteri delle sue clienti. Si ricorda cos’hai comprato l’anno scorso e ti consiglia l’abbinamento con quello che stai comprando, non ti nasconde ipocritamente i tuoi difetti, te li fa notare e cerca una soluzione al problema.
Si informa su quello che fai e a cosa ti servono i vestiti, ma senza essere invadente e curiosa.
Una volta passava per Tarvisio andando in Austria ed è venuta a trovarmi per capire dove lavoravo: quando ci siamo viste la volta successiva mi ha consigliato un tailleur che aveva messo da parte “…per te è l’ideale, perché quando sei al Valbruna Inn è caldo, ma se devi uscire ad accogliere i clienti o a scaricare le merci, ti basterà questa giacchettina e sei comunque a posto”, il vestito adatto all’occasione, al clima e al lavoro, i professionisti curano anche questi dettagli.
Persone così sono difficili da trovare: hanno la sicurezza che gli deriva dal conoscere le proprie capacità e le esprimono al meglio. Ricevono grandi soddisfazioni e questo è il miglior carburante per ritrovare nuova carica ogni giorno.
L’essere conscio che quello che stai facendo è importante, qualsiasi cosa sia, ti rende capace di esprimerti al meglio.
Purtroppo spesso capita che invece sia tu stesso che svaluti il tuo lavoro e così di soddisfazioni ne hai poche.
Ho fatto un colloquio di assunzione ad un ragazza, per un posto di cameriera. Aveva un diploma di perito commerciale e il suo obiettivo era quello di “fare l’impiegata”. Ok, è giusto avere delle ambizioni, con pazienza e costanza prima o poi si spera di arrivare dove si vuole.
Mi ha annunciato che intanto, mentre aspettava di trovare qualcosa di meglio, si adattava “anche” a fare la cameriera. Mi è montata dentro una furia, una voglia di prenderla aclci che ho fatto fatica a trattenere. Non mi capita spesso, per fortuna, ma riesco a mascherare male il mio disappunto.
Intanto che quella graziosa fanciulla non trovava “qualcosa di meglio da fare” era bene stesse a casa. Non avrebbe apprezzato il suo lavoro e non ne avrebbe avuto alcuna gratificazione.
Ma come? Si “adattava” a fare la cameriera? Come fosse un lavoro umiliante!
A volte mi rendo conto di essere un po’ drastica, ma è più forte di me, ognuno ha le sue convinzioni e quando si tratta del mio lavoro, divento violenta.
Fare la cameriera è uno dei lavori più impegnativi che io conosca, e di lavori ne ho fatti tanti.
La cameriera ideale è una psicologa, che conosce le lingue, ha una buona conoscenza della merceologia e delle apparecchiature tecniche, è elegante e discreta.
Sì. E poi, che cosa ancora?
E’ veramente così. E’ psicologa perché sa adattare il suo comportamento al cliente che ha davanti: quando il cliente usa un tono di voce elevato anche lei userà la stessa tonalità altrimenti potrebbe sembrare un rimprovero ed un invito all’interlocutore a moderare il volume; se il cliente ha un tono di voce sommesso deve istintivamente abbassare il suo , altrimenti potrebbe sembrare un invito a darsi un po’ di animo e a tirare su la voce.
E’ psicologa perché con uno sguardo deve saper esprimere tante cose: quando entra un cliente e non è possibile dedicargli subito l’attenzione necessaria, sarà importante uno sguardo, un cenno, un sorriso, per comunicargli “…ti ho visto, appena posso sono da te, ti chiedo un attimo di pazienza…” e normalmente il cliente ha pazienza, capisce che stai facendo il possibile per arrivare da lui. E attende pazientemente.
Una buona cameriera è bene conosca almeno due lingue e sappia essere in grado di comunicare anche in altre, creandosi dei collage di gesti e intuizioni, che riescano a mettere a suo agio il cliente.
Deve saper sostituire velocemente il rotolo della carta termica nel misuratore fiscale e regolare al millimetro un macinino per caffè, sempre sorridendo.
Deve saper usare un cacciavite per smontare le docce erogatrici della macchina espresso per pulirle ogni sera, deve saper calcolare iva e ricarichi per decidere un prezzo e contemporaneamente deve essere attentissima agli incassi.
E’ assolutamente necessario conosca la differenza fra un whisky irlandese e uno scozzese e fra un’acquavite e una grappa.
Deve essere agile e veloce senza mai apparire in affanno: l’agitazione produce stress nel cliente, che invece desidera dedicare i minuti di quella sosta per vivere un momento di rilassamento.
Deve essere elegante ma non appariscente; gradevole alla vista ma senza attirare troppo l’attenzione su di sé. Si sa che le signore clienti non gradiscono la concorrenza, un bar con una cameriera troppo appariscente perderà presto buona parte del pubblico femminile.
Se invece non cura la sua immagine ed è sciatta, dimostra scarso rispetto verso il suo lavoro ed il cliente. Deve essere esteticamente interessante, senza arrivare ad essere invadente.
La cameriera deve imparare a celare i suoi problemi personali, deve lasciarli a casa, e quando lavora deve apparire serena e rilassata. Insomma, saprà essere anche una grande attrice.
E poi deve essere simpatica, deve saper ascoltare, comunque sempre molto discreta, senza fare domande e ricordando che il segreto professionale in questo campo è d’obbligo.
Esistono le cameriere così, ne conosco molte.
Mariella, ad esempio, che per fare un cappuccino usa due brocche di metallo, non di ceramica che con la mano non senti bene la temperatura , una per la schiuma e una per il latte e mentre lo prepara non ti parla perché sta creando.
Sa di essere una professionista e sa quanto vale il suo lavoro, ne è orgogliosa, non desidera fare altro. Ha tutte le caratteristiche elencate sopra ed in più per ognuno che entra ha una parola, un veloce sorriso, un commento che ti fa sentire al centro dell’attenzione.
Persone preziose queste cameriere, peccato che non tutti lo comprendano, specialmente le giovani aspiranti impiegate.
Poi Roberta, la mia parrucchiera.
Io non prendo decisioni in merito ai miei capelli, le ho delegato la mia immagine, ognuno deve fare il suo lavoro: io mi occupo di vino, lei si occupa di teste. Con me osa spesso soluzioni nuove perché è una delle poche persone che hanno capito il mio carattere: sa che mi piace cambiare, sono aperta alle novità estetiche, evitiamo la noia dove possibile.
Non ho un’immagine definita di me stessa, del resto siamo tutti in continua evoluzione, basta capirlo.
A Natale, un paio d’anni fa, Roberta ha deciso per alcune meches color salmone. Carine, un tocco di colore, non erano troppo appariscenti e a me piacevano.
Al Valbruna Inn il commento dei frequentatori del bar è stato piuttosto sarcastico “Se questo è il Natale, per Carnevale cosa combini?”. Io non me la sono mai presa per questi commenti, è il modo che i nostri uomini hanno per fare dei complimenti, per farti capire che hanno visto in te un cambiamento.
Sono fondamentalmente timidi, dire a una che sta bene in un certo modo, è una smanceria da smidollati cittadini.
Quella sera Roberta era a cena da noi con alcuni amici. Le ho chiesto di venire con me l’ho accompagnata al bar: la decisione era stata sua e doveva assumersi le sue responsabilità. I miei amici non si aspettavano di doverla incontrare personalmente, non è facile dire ad un artigiano/artista che non ci piace come lavora: in realtà Roberta è una donna molto bella, elegante e con un sorriso disarmante, non avrebbero potuto dirle proprio niente, direi che sono rimasti senza parole.
Adesso quando sanno che sto andando dalla parrucchiera si raccomandano di porgerle i loro più affettuosi saluti e i complimenti per i miracoli che riesce a fare con una capigliatura “difficile” come la mia. Il potere della seduzione femminile!
Silvia fa il suo lavoro con passione ed attenzione. Lavora in un negozio di abbigliamento nella Bassa Friulana, e si sa come è difficile essere cordiali vendendo vestiti.
Lei si fa notare: porta i capelli grigi tagliati a spazzola con tanto gel e le stanno benissimo. Non è una commessa, è una professionista. Ha accumulato anni di esperienze che sono un bagaglio impagabile: conoscenza dei tessuti, delle linee, ma soprattutto dei caratteri delle sue clienti. Si ricorda cos’hai comprato l’anno scorso e ti consiglia l’abbinamento con quello che stai comprando, non ti nasconde ipocritamente i tuoi difetti, te li fa notare e cerca una soluzione al problema.
Si informa su quello che fai e a cosa ti servono i vestiti, ma senza essere invadente e curiosa.
Una volta passava per Tarvisio andando in Austria ed è venuta a trovarmi per capire dove lavoravo: quando ci siamo viste la volta successiva mi ha consigliato un tailleur che aveva messo da parte “…per te è l’ideale, perché quando sei al Valbruna Inn è caldo, ma se devi uscire ad accogliere i clienti o a scaricare le merci, ti basterà questa giacchettina e sei comunque a posto”, il vestito adatto all’occasione, al clima e al lavoro, i professionisti curano anche questi dettagli.
Persone così sono difficili da trovare: hanno la sicurezza che gli deriva dal conoscere le proprie capacità e le esprimono al meglio. Ricevono grandi soddisfazioni e questo è il miglior carburante per ritrovare nuova carica ogni giorno.
L’essere conscio che quello che stai facendo è importante, qualsiasi cosa sia, ti rende capace di esprimerti al meglio.
Purtroppo spesso capita che invece sia tu stesso che svaluti il tuo lavoro e così di soddisfazioni ne hai poche.
Ho fatto un colloquio di assunzione ad un ragazza, per un posto di cameriera. Aveva un diploma di perito commerciale e il suo obiettivo era quello di “fare l’impiegata”. Ok, è giusto avere delle ambizioni, con pazienza e costanza prima o poi si spera di arrivare dove si vuole.
Mi ha annunciato che intanto, mentre aspettava di trovare qualcosa di meglio, si adattava “anche” a fare la cameriera. Mi è montata dentro una furia, una voglia di prenderla aclci che ho fatto fatica a trattenere. Non mi capita spesso, per fortuna, ma riesco a mascherare male il mio disappunto.
Intanto che quella graziosa fanciulla non trovava “qualcosa di meglio da fare” era bene stesse a casa. Non avrebbe apprezzato il suo lavoro e non ne avrebbe avuto alcuna gratificazione.
Ma come? Si “adattava” a fare la cameriera? Come fosse un lavoro umiliante!
A volte mi rendo conto di essere un po’ drastica, ma è più forte di me, ognuno ha le sue convinzioni e quando si tratta del mio lavoro, divento violenta.
Fare la cameriera è uno dei lavori più impegnativi che io conosca, e di lavori ne ho fatti tanti.
La cameriera ideale è una psicologa, che conosce le lingue, ha una buona conoscenza della merceologia e delle apparecchiature tecniche, è elegante e discreta.
Sì. E poi, che cosa ancora?
E’ veramente così. E’ psicologa perché sa adattare il suo comportamento al cliente che ha davanti: quando il cliente usa un tono di voce elevato anche lei userà la stessa tonalità altrimenti potrebbe sembrare un rimprovero ed un invito all’interlocutore a moderare il volume; se il cliente ha un tono di voce sommesso deve istintivamente abbassare il suo , altrimenti potrebbe sembrare un invito a darsi un po’ di animo e a tirare su la voce.
E’ psicologa perché con uno sguardo deve saper esprimere tante cose: quando entra un cliente e non è possibile dedicargli subito l’attenzione necessaria, sarà importante uno sguardo, un cenno, un sorriso, per comunicargli “…ti ho visto, appena posso sono da te, ti chiedo un attimo di pazienza…” e normalmente il cliente ha pazienza, capisce che stai facendo il possibile per arrivare da lui. E attende pazientemente.
Una buona cameriera è bene conosca almeno due lingue e sappia essere in grado di comunicare anche in altre, creandosi dei collage di gesti e intuizioni, che riescano a mettere a suo agio il cliente.
Deve saper sostituire velocemente il rotolo della carta termica nel misuratore fiscale e regolare al millimetro un macinino per caffè, sempre sorridendo.
Deve saper usare un cacciavite per smontare le docce erogatrici della macchina espresso per pulirle ogni sera, deve saper calcolare iva e ricarichi per decidere un prezzo e contemporaneamente deve essere attentissima agli incassi.
E’ assolutamente necessario conosca la differenza fra un whisky irlandese e uno scozzese e fra un’acquavite e una grappa.
Deve essere agile e veloce senza mai apparire in affanno: l’agitazione produce stress nel cliente, che invece desidera dedicare i minuti di quella sosta per vivere un momento di rilassamento.
Deve essere elegante ma non appariscente; gradevole alla vista ma senza attirare troppo l’attenzione su di sé. Si sa che le signore clienti non gradiscono la concorrenza, un bar con una cameriera troppo appariscente perderà presto buona parte del pubblico femminile.
Se invece non cura la sua immagine ed è sciatta, dimostra scarso rispetto verso il suo lavoro ed il cliente. Deve essere esteticamente interessante, senza arrivare ad essere invadente.
La cameriera deve imparare a celare i suoi problemi personali, deve lasciarli a casa, e quando lavora deve apparire serena e rilassata. Insomma, saprà essere anche una grande attrice.
E poi deve essere simpatica, deve saper ascoltare, comunque sempre molto discreta, senza fare domande e ricordando che il segreto professionale in questo campo è d’obbligo.
Esistono le cameriere così, ne conosco molte.
Mariella, ad esempio, che per fare un cappuccino usa due brocche di metallo, non di ceramica che con la mano non senti bene la temperatura , una per la schiuma e una per il latte e mentre lo prepara non ti parla perché sta creando.
Sa di essere una professionista e sa quanto vale il suo lavoro, ne è orgogliosa, non desidera fare altro. Ha tutte le caratteristiche elencate sopra ed in più per ognuno che entra ha una parola, un veloce sorriso, un commento che ti fa sentire al centro dell’attenzione.
Persone preziose queste cameriere, peccato che non tutti lo comprendano, specialmente le giovani aspiranti impiegate.
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