Insomma, l’idea di “far partire” quel gioiello era veramente stimolante, ma era un grosso impegno.
Un direttore d’albergo trascorre in hotel giorno e notte e Natale e Pasqua. Difficile per una donna con famiglia. La soluzione poteva essere quella di dividere con un’altra donna l’impegno.
Ho cercato Micky, ci conoscevamo appena, quelle poche volte in cui avevamo avuto rapporti di lavoro era stata molto corretta.
Ora era sposata, aveva una bimba di cinque anni e un piccolo di due. Le ho spiegato la proposta. Ha istintivamente detto di no. Era appena “uscita” da un albergo, sapeva cosa volesse dire.
Peccato.
Il giorno dopo è ritornata e mi ha detto” Parliamone meglio”. E’ iniziata così la nostra collaborazione e ci siamo divertite.
Abbiamo diviso i compiti e ci siamo sostenute a vicenda nei momenti di maggiore stress. Io avevo la fascia oraria più impegnativa (mattina presto e poi sera tardi), ma era anche la fascia più gratificante, quella in cui conosci i clienti, socializzi, li metti a loro agio. A lei era toccata la parte amministrativa: durante la giornata i clienti erano fuori, a sciare d’inverno e a fare escursioni d’estate, e lei a volte neanche li conosceva.
Però sapeva tutto di un albergo, dall’ordine delle lenzuola alla compilazione delle normative di pubblica sicurezza.
Mi diceva che imparavo subito.
Alcune decisioni erano per lei ovvie, io le mettevo in dubbio, avevo un altro punto di vista, diverso da quello della scuola alberghiera.
Allora ci sedevamo con un caffè davanti e valutavamo i pro e i contro. Ne discutevano con pacatezza, evidenziando ogni fattore e, nonostante ne sapessi meno di lei, forse perché avevo dieci anni di esperienza in più, ci trovavamo in posizione di parità e qualche volta mi dava anche ragione.
Le regole dell’ospitalità cambiano con l’evoluzione della società, certi dogmi andavano addolciti, come ad esempio l’orario di uscita dalla camera al mattino. “Alle dieci tutti fuori” la logica tedesca non faceva una grinza. “Ma come fai a sbattere giù dal letto uno che è in vacanza, alle dieci del mattino?” “E le pulizie ?” ” Ok, ok, le pulizie, ma Manuela è flessibile e lo siamo tutti, abbiamo 13 camere, non 130. Poi, la maggior parte della gente alle dieci è già fuori, l’euforia della vacanza ti dà energie al mattino. Ma se c’è chi ha bisogno di rilassarsi e di non sentirsi legato all’orologio, proviamo a lasciargli la sensazione di esserlo veramente?
Può diventare un problema, comprendo, ma fino a quando non lo sarà davvero, proviamo a fare di quest’albergo una casa? “
E lei ci stava a rischiare.
E’ andata sempre bene. Manuela qualche volta ha finito le pulizie delle camere alle quattro, qualche volta l’abbiamo aiutata noi a finire. Ma è successo poche volte e godiamo ancora della gratificazione del sorriso di quel cliente che, svegliatosi alle 10.30, non si è fatto prendere dal panico e dall’affanno del ritardo.
E le colazioni? Lei insisteva con le prugne conservate nel loro succo, dovevano assolutamente esserci, a me sembravano una cosa assurda. Invece aveva ragione lei, erano apprezzatissime e non solo dal cliente tedesco.
Quando durante le Universiadi abbiamo avuto come ospiti i professori e il rettore dell’Università di Mosca, c’è stata l’apoteosi. I dolci, le brioche, anche lo strudel e la Sacher, restavano lì, nessuno assaggiava. Invece il prosciutto terminava subito. Quindi al terzo giorno, la decisione: niente dolci e arricchiamo il salato; quiche, salumi, formaggi, sottaceti e caprese, il buffet della colazione avrebbe fatto impressione a qualunque persona di buon senso.
I nostri ospiti erano estasiati e la sfida si faceva ogni giorno più stimolante: al mattino uscivano dall’ascensore e si avviavano nella sala colazioni come bambini al luna park.
L’ultimo giorno c’è stato il clou: gorgonzola al mascarpone, mortadella e cipolline in aceto balsamico.
Il Magnifico Rettore ci invia ancora gli auguri di Natale e fa sempre riferimento alla colazione.
Un direttore d’albergo trascorre in hotel giorno e notte e Natale e Pasqua. Difficile per una donna con famiglia. La soluzione poteva essere quella di dividere con un’altra donna l’impegno.
Ho cercato Micky, ci conoscevamo appena, quelle poche volte in cui avevamo avuto rapporti di lavoro era stata molto corretta.
Ora era sposata, aveva una bimba di cinque anni e un piccolo di due. Le ho spiegato la proposta. Ha istintivamente detto di no. Era appena “uscita” da un albergo, sapeva cosa volesse dire.
Peccato.
Il giorno dopo è ritornata e mi ha detto” Parliamone meglio”. E’ iniziata così la nostra collaborazione e ci siamo divertite.
Abbiamo diviso i compiti e ci siamo sostenute a vicenda nei momenti di maggiore stress. Io avevo la fascia oraria più impegnativa (mattina presto e poi sera tardi), ma era anche la fascia più gratificante, quella in cui conosci i clienti, socializzi, li metti a loro agio. A lei era toccata la parte amministrativa: durante la giornata i clienti erano fuori, a sciare d’inverno e a fare escursioni d’estate, e lei a volte neanche li conosceva.
Però sapeva tutto di un albergo, dall’ordine delle lenzuola alla compilazione delle normative di pubblica sicurezza.
Mi diceva che imparavo subito.
Alcune decisioni erano per lei ovvie, io le mettevo in dubbio, avevo un altro punto di vista, diverso da quello della scuola alberghiera.
Allora ci sedevamo con un caffè davanti e valutavamo i pro e i contro. Ne discutevano con pacatezza, evidenziando ogni fattore e, nonostante ne sapessi meno di lei, forse perché avevo dieci anni di esperienza in più, ci trovavamo in posizione di parità e qualche volta mi dava anche ragione.
Le regole dell’ospitalità cambiano con l’evoluzione della società, certi dogmi andavano addolciti, come ad esempio l’orario di uscita dalla camera al mattino. “Alle dieci tutti fuori” la logica tedesca non faceva una grinza. “Ma come fai a sbattere giù dal letto uno che è in vacanza, alle dieci del mattino?” “E le pulizie ?” ” Ok, ok, le pulizie, ma Manuela è flessibile e lo siamo tutti, abbiamo 13 camere, non 130. Poi, la maggior parte della gente alle dieci è già fuori, l’euforia della vacanza ti dà energie al mattino. Ma se c’è chi ha bisogno di rilassarsi e di non sentirsi legato all’orologio, proviamo a lasciargli la sensazione di esserlo veramente?
Può diventare un problema, comprendo, ma fino a quando non lo sarà davvero, proviamo a fare di quest’albergo una casa? “
E lei ci stava a rischiare.
E’ andata sempre bene. Manuela qualche volta ha finito le pulizie delle camere alle quattro, qualche volta l’abbiamo aiutata noi a finire. Ma è successo poche volte e godiamo ancora della gratificazione del sorriso di quel cliente che, svegliatosi alle 10.30, non si è fatto prendere dal panico e dall’affanno del ritardo.
E le colazioni? Lei insisteva con le prugne conservate nel loro succo, dovevano assolutamente esserci, a me sembravano una cosa assurda. Invece aveva ragione lei, erano apprezzatissime e non solo dal cliente tedesco.
Quando durante le Universiadi abbiamo avuto come ospiti i professori e il rettore dell’Università di Mosca, c’è stata l’apoteosi. I dolci, le brioche, anche lo strudel e la Sacher, restavano lì, nessuno assaggiava. Invece il prosciutto terminava subito. Quindi al terzo giorno, la decisione: niente dolci e arricchiamo il salato; quiche, salumi, formaggi, sottaceti e caprese, il buffet della colazione avrebbe fatto impressione a qualunque persona di buon senso.
I nostri ospiti erano estasiati e la sfida si faceva ogni giorno più stimolante: al mattino uscivano dall’ascensore e si avviavano nella sala colazioni come bambini al luna park.
L’ultimo giorno c’è stato il clou: gorgonzola al mascarpone, mortadella e cipolline in aceto balsamico.
Il Magnifico Rettore ci invia ancora gli auguri di Natale e fa sempre riferimento alla colazione.
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