giovedì 2 ottobre 2008

Welcome

Mi ha creato problemi anche con l’inglese, il mio nome.
Non so l’inglese, l’ho imparato da adulta, al Liceo e all’Università ho studiato solo tedesco e l’inglese parlato mi manca quasi del tutto.
A Valbruna me la sono cavata con l’aiuto di Micky. Le domande dei clienti erano sempre le stesse e quindi avevo imparato a memoria delle probabili risposte. Qualche attimo d’esitazione c’era, specialmente con gli americani. Con i coreani, i cinesi, i russi parlare inglese era semplicissimo, avevamo lo stesso vocabolario di base e lo pronunciavamo come andava pronunciato. Con gli americani era tutto più difficile, non parlavano mica l’inglese.
Una mattina un manager grande come un armadio e con una cravatta con un bel Mickey Mouse a tinte pastello, mi chiede qualcosa che non comprendo. “Have you sirias? “Gli chiedo di ripetere; non ci siamo ancora, allora lo accompagno al buffet della colazione sperando di avere quello che cerca . C’era quello che cercava: cereals, korn flakes, che cavolo! Certo che c’erano, di cinque tipi diversi, signore, che bello comprendersi.
Un’altra volta ho reso i documenti ad un signore di New York che accompagnava il figlio, un concorrente alle Universiadi; erano i primi giorni subito dopo l’apertura dell’hotel. Gli ho tornato il passaporto dopo aver fatto la registrazione, dicendo “Thank you!” e lui mi ha risposto “You are welcome”, che vuol dire prego, ma io invece ho capito che lui conoscesse il mio nome, ho sgranato gli occhi, certo che sono Welcome, come faceva a saperlo?
Ci ho pensato su un bel po’, fino al corso d’inglese successivo, quando la faccenda è venuta fuori ed hanno riso tutti i miei compagni di corso.

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