martedì 12 maggio 2009

Pranzo in baita

Lunedì scorso c'è stato il funerale del prefetto Cernetig, ecco l'articolo che ne parla: http://www.ilgiornaledelfriuli.net/2009/05/03/e-morto-a-65-anni-lorenzo-cernetig-fu-per-breve-tempo-prefetto-di-udine-rassegna-stampa-messaggero-veneto/

Molto belle le parole che ha pronunciato un collega , già suo compagno di stanza all'Accademia:
" aveva l'umiltà propria dei grandi e la generosità di chi sa che il passaggio di un uomo su questa terra è in funzione di qualcuno che verrà dopo di lui. Ha saputo guidare senza forzare, correggere senza offendere, soccorrere senza umiliare". Belle parole, rendono benissimo l'anima della persona.

Nel novembre del 2007, pochi giorni prima che lo cogliesse il malore che ha dato inizio al lungo cammino di sofferenze che si è concluso in questi giorni,ho avuto il piacere di conoscerlo, durante un pranzo informale, qui da noi; eravamo una decina di persone, alcune autorità, e il prefetto era stato invitato per scoprire i luoghi di questa Valcanale. Questa è una delle zone difficili per quel che riguardava il passaggio di clandestini, la sicurezza, il suo lavoro insomma. Si era voluto far scoprire al nuovo prefetto altri aspetti di questa valle, spesso tristemente famosa solo per i bollettini degli arresti ai valichi.

Era una persona fine e alla mano, uno di quei signori che non ti salutano con la garbatezza ( a volte falsa) espressamente dedicata ad una "donna", ma con la gentilezza e la curiosità dedicata ad una "persona".
Mi sono sentita subito a mio agio, nonostante non sapessi veramente quale fosse il mio ruolo lì.

Della figura del prefetto avevo sempre avuto un'idea vaga, sicuramente lontana. Non si sa neanche bene cosa faccia un prefetto , che differenza ci sia con la figura del questore, perchè li spostino da una sede all'altra così spesso... è un mondo a sè stante, ti tocca poco personalmente. Sedere vicino a questo signore che faceva domande sul luogo, sulla gente, sulla storia, è stato molto bello, sentivi che capiva o cercava di capire chi fossi, non solo io, ma anche tutto il gruppo sociale che in quel momento, involontariamente, rappresentavo.

E' stata una bella esperienza, mi ritengo fortunata per avere avuto l'opportunità di poterla vivere. Ma di quel pranzo mi resta anche il ricordo di un disagio. Un disagio dietro le spalle, un imbarazzo che non saprei identificare meglio.
Quanto era piacevole discorrere, tanto per me era imbarazzante il lavoro che si svolgeva dietro di noi. Sì, perchè il pranzo era proprio "fatto in casa", nel senso che eravamo ospitati in una baita e cucinavano alcuni collaboratori della persona che ci ospitava, gente con cui spesso avevo lavorato, avevamo faticato fianco a fianco nell'organizzazione di manifestazioni come la "Festa della Foresta" o la "Fiaccolata", amici insomma. In questa grande cucina si cucinava e il pranzo veniva servito direttamente lì, eravamo intorno ad un grande tavolone in legno. C'era l'atmosfera di accoglienza e di informalità di una casa, fuori dalle finestre un paesaggio bellissimo.

Questi miei amici, quel giorno occupati nell'inusuale ruolo di cuochi e camerieri, erano stupiti quasi quanto me per la mia presenza a quel tavolo. Ostentavano, in quel ruolo che normalmente non era il loro, cioè cucinare e servire a tavola, un'affettazione e un' ossequio decisamente esagerati. Infatti anche il prefetto, ad un certo punto, si sarà chiesto come mai tante premure per quell' unica signora, avrà pensato che in Valcanale gli usi e le tradizioni riguardo alla galanteria avranno avuto radici formali particolari.
In un modo o nell'altro è finito anche il pranzo, tra l'altro eccellente e servito nel migliore dei modi.
Mi sarei fermata volentieri ad aiutare a lavare i piatti, era esattamente la cosa che per logica sarebbe stato giusto fare. Imbarazzatissimi, i miei amici mantenevano le distanze e mi invitavano con furtive occhiatacce e cavernosi borbottiii, a continuare, " da brava", a mantenere il mio ruolo, a stare seduta buona lì. Decisamente supefacente questo strano atteggiamento, mi sembrava di essere a teatro.
Quindi sono andata via senza aver fatto niente, se non mangiare, " a sbafo"come si dice da noi.

Li ho poi invitati a cena, per sdebitarmi e ho fatto tutto io. Ma non è lo stesso, e non sono neanche riuscita a spiegare bene cosa ci facessi lì, a raccontare un sacco di cose al prefetto, invece di essere a casa, con bambini e marito.

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