martedì 17 novembre 2009

Farina di mais

In questo periodo di stallo che precede il Natale, ogni anno mi piace prendere il tempo per andare a cercare nuovi prodotti, quelli difficili da trovare e soprattutto difficili da farsi vendere. Come al solito, anche quest'anno ho sbattuto il naso contro una bella realtà che mi ha fatto scendere dallo scranno del consumismo. Sono lezioni che periodicamente fanno proprio bene.

Cercavo una buona farina di polenta, gustosa. Un'amica che lavora nelle Terre Alte della Carnia mi ha promesso da tempo di accompagnarmi da un suo amico, uno che aveva un'occupazione ben diversa e che da qualche anno sta continuando il lavoro dei suoi vecchi: ha lasciato scrivania e computer per mettersi a macinare mais.

Già all'inizio, se ti aspetti un'atmosfera da favola, ti ritrovi a sbattere davanti alla più schietta autenticità. Non si vende aria, si vende farina di mais macinata, mais scelto che proveniene dalla campagna intorno a Fagagna e che poi viene portato in Carnia per il consumo locale. Punto. Niente di trascendentale, nè di folkloristico.

In un luogo dove si mangia la polenta più volte alla settimana questa deve essere per forza eccellente. E per essere eccellente deve essere macinata con cura, senza fretta. Il luogo è rimasto come nel 1500, escluso il motore applicato alla macina più grande. Si scende uno scalino per entrare. Vicino alla finestra è appeso un quadro, una foto in bianco e nero. Si vede la macina, appeso al soffitto c'è un fanale, a lato c'è una casetta in legno per gli uccellini, davanti il mugnaio alto e con dei gran baffi, dietro, sui sacchi, un apprendista. La stanza è rimasta la stessa, hai la sensazione di un dejavu che dura più secondi. La macina, il fanale tutto bianco, la casetta con le ragnatele, bianche pure quelle. Davanti c'è il mugnaio, un po' più in carne ( una vita davanti alla scrivania non si cancella così facilmente), un po' più basso ( avrà ereditato la genetica del ramo materno), altrettanto tranquillo.

Quando chiedo se invece di sacchetti da due chili, che mi sembrano veramente grandi, data la dimensione delle famiglie che ho attorno, potrei acquistare sacchetti da un chilo, scuote la testa, senza perdere il sorriso. Sembra stia spiegando cose difficili ad una bambina dell'asilo, si vede che spera di farsi capire.

"Non posso... vedi, mentre la macina lavora, la farina scende e riempie il sacchetto. Mentre si riempie io ho il tempo di chiudere e legare il sacchetto precedente. Se dovessi fare sacchetti più piccoli, dovrei interrompere la macina oppure dovrei correre e rischiare di far le cose male. Meglio di no, con il sacchetto da due chili si fanno tre polente per quattro persone, è la dose giusta" .

E io ero decisa a farlo correre... per fare più sacchetti ed aumentare la produzione e poi dover trovare nuovi clienti per vendere tutti quei sacchetti, e poi prendere un aiutante, che non sa usare la macina e non macina giusto, e poi ... e poi via a cercare un altro mugnaio, di quelli di una volta,se ce n'è ancora, e via a stressarlo perchè mi venda il suo prodotto.

Per fortuna il mugnaio è uno con i piedi per terra. Io i piedi per terra invece non li ho, perchè non ho parlato del prezzo del suo prodotto e ho anche detto che mi piace. Due cose che chi acquista non deve fare mai, perlomeno secondo una certa teoria. Quindi in primavera venderò con allegria la sua polenta e se sarà costosa lo spiegherò a chi vorrà comprarla: è fatta con calma e il tempo costa :-)

E' stato proprio un bel lunedì e ringrazio Renata che mi ha portata a spasso: ho trovato una pancetta arrotolata che sembra burro e un burro che sembra panna, dei fagioli introvabili e dei crauti acidi senza cumino, " su per le Austrie mettono il Kummel, qui no, si fa senza".
Sono stata anche nel paese di Giorgio Ferigo, ma questo è un altro discorso, è un discorso troppo importante per iniziarlo adesso. Dico solo che se quel mugnaio può fare quello che fa in quel luogo e in quel modo, e quel ragazzo può vendermi un burro fatto nello stampo di legno con i fiori, buona parte del merito va al dottor Giorgio Ferigo, dell'ASSL Alto Friuli - servizio controlli alimentari.
Peccato che non sia più tra noi.

2 commenti:

fux ha detto...

Bellissima questa storia di vita vissuta!
Verrò a comprarmela di sicuro. Mia suocera è una che fa chilometri per comprare "quella "carne, "quella" farina, "quegli" asparagi...
Baci.
Franci

Isabella ha detto...

che belle queste storie...le leggo sempre con il sorriso sul volto!
io sono una ragazza appassionata di cucina, di dolci, di storie di cucina...forse un po' sognatrice...ma quando ho letto questa storia, ho pensato quanto vorrei andarci anche io in questi posti...e comprare quel burro che sa di panna e quella farina macinata sul momento (che trovo anche in una frazioncina di Reana, ma che fa sempre piacere scoprire posti nuovi e storie nuove)...è possibile sapere il nome di questi posti!?Se così non fosse, ti ringrazio comunque e ti ringrazio per le tue storie...sarà che ho tutta la famiglia originaria di Tarvisio, di Pontebba, ma leggere i tuoi racconti è come leggere una favola per me...grazie!