martedì 10 novembre 2009

Sprazzi di sommelier

In questi giorni è arrivato il novello.
Ne avevo già parlato qui http://dawit-benvenuta.blogspot.com/2009/03/vino-novello-e-meringhe.html .
So che parlare di vino novello (e degustare vino novello) è andare controcorrente.
Il novello è considerato un vino di second’ordine, una porcheria zuccherata per chi non capisce niente.
Una volta che si è capito che in realtà non è un vino, tutto diventa più chiaro.
Vorrei parlarne per capire assieme cos’è e come si produce un vino novello e anche per capire perché ci sono in commercio prodotti che del novello non hanno nessuna caratteristica.
E poi mi piacerebbe si potessero riconoscere, questi prodotti, anche se la legge che regola la materia è talmente nebulosa da lasciare spazio ad ogni possibile variabile.

Come si fa il vino novello?
Per fare il novello si usa il grappolo intero. L’idea era venuta nel 1934 ad alcuni ricercatori francesi: l’obiettivo era quello di cercare di conservare l’uva per poterla utilizzare in tempi diversi. I ricercatori hanno provato a conservare dell’uva fresca in anidride carbonica, in completa assenza di ossigeno: l’uva è fermentata ugualmente, quindi l’esperimento non è riuscito, ma il succo che ne hanno ottenuto era una cosa completamente diversa dal vino.
Ancora oggi usiamo lo stesso procedimento per ottenere un vino nuovo, quello giusto da abbinare alle castagne.
I grappoli freschi quindi vengono posti all’interno di apposite vasche in inox da 50 – 70 hl, nelle quali, dopo aver prodotto il vuoto d’aria, viene immessa anidride carbonica, a una temperatura controllata di 30° C.
Questo processo dura dai 7 ai 14 giorni. In questo modo la fermentazione del mosto non avviene nell’aria, come al solito.
I lieviti che normalmente fanno fermentare il vino hanno bisogno dell’aria per agire: niente aria e i lieviti si bloccano. Ma niente paura, il vino fermenta ugualmente e a farlo fermentare in assenza di aria sono gli enzimi contenuti nel mosto.
I grappoli che si trovano sul fondo delle vasche vengono schiacciati dalla massa d’uva e in questo modo liberano il mosto. I lieviti indigeni migrano dalla buccia verso l’interno, alla polpa, alla ricerca di ossigeno ed acqua, innescando un processo di fermentazione intracellulare.
Poi si procede con una pigiatura molto delicata e un’ulteriore fermentazione di 3-4 giorni.
Perché si fa tutto questo?
Per avere un vino con sapore, colore, profumo caratteristici.
Infatti in questo modo:
a. vengono estratti i pigmenti delle bucce dell’uva che danno il colore al vino (il vino che ne risulta avrà un colore particolarmente brillante, con tonalità che ricordano il porpora, a volte il violetto, bello da vedere)
b.vengono estratti gli aromi localizzati nelle bucce dell’uva, molto fruttati: si svilupperanno nuovi componenti odorosi, che ricordano principalmente la fragola, il lampone ed il mirtillo
c. diminuisce l’acidità ed il vino risulterà più delicato.

Questo vino particolare è stato disciplinato per legge nel 1999, relativamente poco tempo fa; il processo sopra descritto si chiama macerazione carbonica, una tecnica che tende ad esaltarne le caratteristiche di freschezza e le note fruttate.
La gradazione minima del vino novello è di 11%, il termine ultimo per l’imbottigliamento è il 31 dicembre dello stesso anno della vendemmia, mentre la messa in vendita non può avvenire prima del 6 novembre.
Fin qui tutto chiaro, la cosa si complica seguendo le norme di produzione.
La legislazione prevede che affinchè il vino possa essere chiamato novello, debba essere prodotto con il processo della macerazione carbonica per almeno il 30% dell’uva, mentre il restante 70% può essere vinificato con il metodo tradizionale ( mentre il Beaujolais, che è il vino novello francese, richiede il 100 % di uva vinificata con la macerazione carbonica).
Non solo, per il 55% del prodotto la legge consente l’utilizzo di vino rimasto in cantina un anno prima, e si potrebbe avere il sospetto che i produttori sfruttino il fenomeno per l’economia dell’azienda.

Questo è il vero problema del novello: quanta uva fresca viene impiegata e quanto vino dell’anno scorso c’è, in percentuale, nel vino che acquistiamo?
Tutto lì. Quindi non generalizziamo parlando del novello, se il novello è ben fatto è un prodotto delicato e curioso, fresco ed interessante. E date le caratteristiche non può assolutamente costare meno di quattro euro a bottiglia.
E’ difficile trovarne uno ben fatto. Purtroppo le leggi del mercato hanno fatto sì che venisse proposta una serie di prodotti di qualità non eccellente, di scarsa personalità, e quindi non c’è neppure più una reale domanda d’acquisto. Peccato, perché era una bella idea: abbastanza leggero per chi ha problemi di digestione, indicato per le persone anziane, giusto da bere in compagnia una domenica pomeriggio, sbucciando caldarroste.
E come scriveva il dottor Barnard:

"Il vino rosso stimola la produzione di enzimi che rendono il sangue fluido,
aumenta il colesterolo “buono” nel sangue, riduce lo stress, per cui
contribuisce a prevenire arteriosclerosi e malattie cardiovascolari"

Christian Barnard

Ma quanto, dottor Barnard, quanto vino, non lo dice? :-)

In alto la grafica dello striscione che ho appeso fuori dall'enoteca: 6 metri per uno, mica ci vergogniamo a dire che vendiamo novello :-))

1 commento:

Trekker ha detto...

Ottime informazioni.